Dopo il fallimento delle rivoluzioni del 1848-49 il Piemonte (Regno di Sardegna) rimane l’unico Stato italiano che conserva un assetto costituzionale (lo Statuto albertino concesso nel marzo del ’48). Vi si raccolgono i “patrioti”, spesso esuli, provenienti dagli altri Stati italiani, nei quali, con la complicità dell’Austria (e della Francia di Luigi Bonaparte, nel caso di Roma), è stato ripristinato l’assolutismo. Fucina della nuova Italia, vi si approvano importanti riforme di segno liberale, si conduce una guerra lontana (la guerra di Crimea, 1854-56) per accreditarsi sul piano internazionale e per porre alle nazioni d’Europa la “questione italiana”, si conclude un’alleanza segreta con la Francia di Napoleone III (accordi di Plombières del 1858) in funzione anti-austriaca. La “sinergia” tra le mire espansionistiche di casa Savoia e l’opinione pubblica liberale, sempre più animata da ideali nazionalistici (nasce la Società nazionale , sul modello della Giovine Italia mazziniana, ma di “segno” monarchico-costituzionale, nella quale confluiscono anche ex-repubblicani come il generale Giuseppe Garibaldi), permetterà di realizzare l’unità d’Italia nel biennio 1859-61.
Cfr. questo video sulla “locomotiva piemontese”, quest’altro video sulle premesse dell’unificazione italiana e, infine, quest’ultimo video sulla realizzazione dell’unità (sempre a cura del Museo del Risorgimento).
In concreto l’unificazione si produce per una serie concomitante di fattori, apparentemente imprevedibili, che portano gli eventi oltre il corso inizialmente previsto. Gli accordi di Plombières prevedevano la nascita di un regno dell’Alta Italia, estensione del Regno di Sardegna, sotto la dinastia sabauda (cioè dei Savoia), e due altri regni “satelliti” della Francia di Napoleone III, rispettivamente nel Centro e nel Sud d’Italia.
Ma le stesse vittorie franco-piemontesi della primavera-estate 1859 portano all’insurrezione patriottica nelle Legazioni pontificie (Bologna ecc.) e nei ducati di Parma e Modena (insomma in Emilia-Romagna) e in Toscana. Napoleone III, frenato forse anche dall’opinione pubblica cattolica francese, rendendosi conto dell’impossibilità di creare un regno filo-francese nell’Italia centrale, decide di stipulare l’armistizio di Villafranca con l’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria (l’11 luglio del ’59) e di ritirarsi dal conflitto. Non può, però, pretendere dal Piemonte la cessione della Savoia e di Nizza per aver disatteso gli accordi. La situazione si fa incerta. Potrebbe accadere qualsiasi cosa (un intervento austriaco o anche francese a reprimere le insurrezioni, come nel ’49, il prevalere delle tendenze repubblicane mazziniane tra gli insorti dagli esiti imprevedibili…). Alla fine i Piemontesi riescono a convincere Napoleone III che la cosa più saggia è lasciare che l’Italia centrale e la Lombardia siano annesse al Piemonte in cambio della Savoia e di Nizza; e questo accade. Nasce così un regno abbastanza vasto e relativamente progredito sul piano economico e culturale, che avrebbe potuto già da solo rappresentare un nucleo avanzato e significativo di “italianità” nel cuore dell’Europa (in arancione nella cartina qui sotto).
Ai patrioti, tuttavia, tutto questo non basta. Curiosamente qui si registra una convergenza tra i repubblicani mazziniani che aspiravano all’unificazione dell’Italia (che avrebbe dovuto avere come capitale Roma, in memoria del glorioso passato romano e anche della recente repubblica romana) e il re di Sardegna Vittorio Emanuele II che aspirava a diventare re d’Italia, mentre Cavour e i liberali rimangono piuttosto diffidenti e preoccupati rispetto a qualsiasi tentativo di espandere ulteriormente il nuovo Stato. Come si sa, Garibaldi riesce con la celebre spedizione dei Mille, dal maggio del ’60 all’estate dello stesso anno, in pochi mesi, a “liberare” il Regno delle Due Sicilie, consegnandolo poi a Vittorio Emanuele II e rinunciando a “marciare su Roma”, tra la costernazione dei repubblicani. Come è riuscito nell’impresa? Quasi certamente fu sostenuto finanziariamente da capitali inglesi, che favorirono anche le insurrezioni filo-garibaldine in Sicilia e nell’Italia meridionale.
In ultima analisi ci si può chiedere se l’unificazione italiana (che si concluderà con l’annessione nel ’66 del Veneto e del Friuli e nel ’70 del Lazio con Roma) sia frutto di una serie fortunata di coincidenze (o, come si dice, congiunture) o se sia stata preparata segretamente dalle potenze occidentali in funzione anti-austriaca, a partire almeno dalla guerra di Crimea. Oltre alla Francia, infatti, gli studi più recenti assegnano un ruolo importante (anche se passivo, ossia di compiacente non intervento) anche alla Gran Bretagna, guidata dal liberale Palmerston.
Ecco una puntata di Passato e presente (Rai Storia) sulla vita di Cavour in cui si trattano alcune di tali questioni.
Ecco la pagina da cui puoi attingere a tutti i 6 video che il Museo del Risorgimento ha dedicato al processo di unificazione dal congresso di Vienna (1815) alla proclamazione, nel Parlamento sabaudo a camere riunite (vedi immagine qui sotto) di Vittorio Emanuele Re d’Italia (17 marzo 1861, data ufficiale dell’unità nazionale, a cui è dedicata questa interessante puntata di La storia siamo noi).
Dopo più di mille anni dalla caduta del regno degli Ostrogoti (con la Prammatica Sanzione di Giustiniano nel 554 d.C., o, se si preferisce, dalla calata dei Longobardi nel 568 d.C.) l’Italia riacquista la propria unità (come si può apprezzare su questa mappa cronodinamica).