Per “leggere” storiograficamente la Prima Guerra Mondiale, per prima cosa possiamo esaminare criticamene il problema delle sue cause.
Generalmente si distinguono
il casus belli (la pròphasis di Tucidide), che, nel caso della prima guerra mondiale, è ovviamente l’attentato (riuscito) all’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo a Sarajevo, del 28 giugno 1914,
dalle “vere” cause di ordine
- politico (l’esaurimento degli spazi afroasiatici di espansione coloniale delle potenze europee, specialmente di Gran Bretagna e Germania),
- militare (la corsa agli armamenti delle maggiori potenze, di nuovo soprattutto Gran Bretagna e Germania, in particolare per quanto riguarda le rispettive flotte),
- culturale (la diffusione nei diversi Paesi di movimenti nazionalistici e revanchistici, le dottrine estetizzanti che celebravano la guerra come “sola igiene del mondo”)
- ed economico (la spinta a investire i grandi capitali di cui disponevano le classi dirigenti delle maggiori potenze, dato l’esaurimento dei mercati interni e coloniali, nell’industria militare e nell’enorme indotto da essa generato ecc.).
In una prospettiva storiografica marxistica le cause “economiche” (come quelle segnalate sorgivamente da Lenin nel saggio Imperialismo fase suprema del capitalismo del 1916) sarebbero le “vere” cause dei processi storici, mentre quelle di ordine “superiore” sarebbero “sovrastrutturali”, giustificazioni e spiegazioni di secondo ordine.
Tuttavia, una breve riflessione di epistemologia della storia, ispirata p.e. a criteri derivati dalla metodologia delle scienze storico-sociali di Max Weber, ci può far dubitare della “cogenza” di qualsiasi pretesa “spiegazione” degli eventi e dei processi storici in termini “causali” (siano tali cause di ordine economico o di qualsiasi altra natura). Più che di spiegazione si dovrebbe forse parlare di interpretazione. Ciascuno dovrebbe sentirsi libero di offrire l’interpretazione che ritiene più convincente a partire dai suoi assunti filosofici (p.e. marxistici, liberali ecc.), purché la sua ricostruzione non faccia violenza ai fatti e sia coerente e attendibile.
Infatti, a differenza che nelle scienze della natura, non possiamo effettuare esperimenti che confermino o smentiscano le nostre ipotesi (le nostre “imputazioni causali”, come le chiama Weber). Non possiamo, cioè, sperimentare che cosa sarebbe accaduto se non fosse stato ucciso l’arciduca Francesco Ferdinando, o se non vi fosse stata la corsa agli armamenti ecc. Possiamo certamente “immaginarlo”, ma, in assenza di verifiche sperimentali, possiamo solo congetturare il “peso specifico” dei singoli eventi o processi sotto il profilo causale.
Nel caso delle “cause” delle prima guerra mondiale, ci sarebbe da chiedersi se il casus belli sia davvero così “superficiale”. Se l’arciduca non fosse stato ucciso, la guerra sarebbe scoppiata comunque? Le altre pretese “cause” erano davvero così determinanti? In precedenza si era sfiorato il conflitto in presenza di condizioni analoghe, ma si era sempre riusciti ad evitarlo (guerre balcaniche, crisi marocchine ecc.).
Forse si dovrebbe parlare più di “condizioni” favorevoli che di vere e proprie cause. Il casus belli potrebbe essere paragonato a una miccia e le altre “condizioni” a un barile di esplosivo. Se non si accende la miccia, l’esplosivo è certamente pericoloso, ma potrebbe non detonare. Si potrebbe avere il tempo di renderlo inerte. D’altra parte se si accende la miccia, ma mancasse l’esplosivo o questo fosse scarso, gli effetti dell’accensione sarebbero certamente nulli o assai deboli.
Un indizio sulla “fragilità” della cosiddette “cause” della prima guerra mondiale può essere trovato nella seguente circostanza: quasi nessuno l’aveva prevista (con l’eccezione di alcuni, pochi, come Jean de Bloch, le cui riflessioni, presentate in questa puntata di una trasmissione di Rai Storia (dal minuto 9′ e 27″), ci aiutano a inquadrare l’origine del conflitto e le sue presumibili ragioni “nascoste”).
Va anche notato che la guerra fu salutata dalla maggior parte degli artisti (cfr. questa puntata de Il tempo e la storia) e degli intellettuali (cfr. quest’altra puntata della stessa trasmissione) con entusiasmo, salvo poi amaramente pentirsi di questo atteggiamento.
Per quanto riguarda l’avvio della guerra a un mese esatto dall’attentato mortale all’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo (28 giugno 1914) si può notare la curiosa combinazione di eventi nella sequenza che portò al conflitto mondiale: alla dichiarazione di guerra dell’Austra-Ungheria alla Serbia segue “solo” la mobilitazione della Russia (a favore della Serbia) e, quindi, la (vera e propria) dichiarazione di guerra della Germania a Russia e Francia.
Il fatto che formalmente fossero state l’Austria e la Germania a dichiarare la guerra per prime esonerò l’Italia dal partecipare al conflitto al loro fianco, come prevedeva il trattato della Triplice Alleanza (esclusivamente difensivo).
Il fatto che la Germania dichiarasse guerra anche alla Francia, sapendo che la Francia era alleata della Russia, si spiega se si considera che il piano Schlieffen prevedeva che la Germania si “sbarazzasse” della Francia in pochi mesi per poi concentrare le guerra contro la Russia, in modo da non dover combattere su due fronti. Il piano fallì, nonostante l’aggiramento della linea Maginot (tra Francia e Germania) con l’invasione del neutrale Belgio (che provocò la dichiarazione di guerra della Gran Bretagna alla Germania), per la tenace resistenza francese.
In generale la guerra fu soprattutto, specialmente sul fronte occidentale (prima francese, quindi anche italiano), una “guerra di posizione” o “di trincea”, a causa della netta superiorità degli armamenti difensivi rispetto a quelli offensivi. Si trattò, dunque, bensì di una guerra moderna (per il largo impiego di mitragliatrici, gas, verso la fine anche di tanks e aerei), ma assai meno “dinamica” di ciò che i generali avevano previsto.
Per quanto riguarda l’intervento italiano si osservi come fosse variegato il fronte degli interventisti:
Ecco la mia videolezione sull’intervento dell’Italia:
Erano interventisti (con motivazioni molto diverse) non solo i nazionalisti, ma anche i conservatori, alcuni gruppi cattolici, i repubblicani, i socialisti riformisti di Bissolati e Bonomi, gli anarcosindacalisti. All’incirca si trattò delle stesse forze che caldeggiarono l’impresa libica del 1911.
L’Italia intervenne a fianco dell’Intesa a seguito del patto di Londra, dell’aprile del 1915, un patto segreto, voluto dal re e del governo Salandra, che mise il Parlamento davanti al fatto compiuto, sebbene la maggioranza dei deputati (e presumibilmente dal Paese, costituito in larga parte da contadini tutt’altro che inclini a ingrossare le fila di un esercito combattente) fosse neutralista (liberali giolittiani, cattolici, socialisti). Questa “forzatura” ad opera del re (consentita, tuttavia, dallo Statuto albertino) si sarebbe ripetuta con l’incarico a Mussolini di formare il governo nel 1922 (nonostante la mancanza di una base parlamentare).
Sull’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale possiamo fruire di questo programma di Rai Storia.
N. B. Sul primo conflitto mondiale (a differenza che su altri argomenti, p.e. l’imperialismo ottocentesco) le risorse multimediali abbondano (si può segnalare p.e. il progetto di Rai Storia La grande guerra che propone numerose puntate che approfondiscono diversi aspetti del conflitto, tra cui, appunto, l’entrata in guerra dell’Italia) ma tendono a concentrarsi su singole specifiche questioni legate alla guerra.
Anche la guerra italo-austriaca fu soprattutto di trincea, aggravata dal fatto di essere combattuta in gran parte in montagna. Prima di Caporetto i fatti più importanti furono la presa di Gorizia e l’avanzata austriaca in Trentino (Strafenexpedition, spedizione punitiva, contro l’alleato traditore), entrambi verificatisi nel 1916, per guadagnare, dall’una e dall’altra parte, pochi chilometri di territorio nemico (anno in cui si combatterono anche le sanguinosissime battaglie di Verdun e della Somme, sul fronte francese, con centinaia di migliaia di morti, ma con scarsissimi risultati).
N.B. L’accusa di tradimento, mossa all’Italia dagli Imperi Centrali, era certo ingiustificata se si fa riferimento al fatto che l’Alleanza che legava l’Italia agli Imperi aveva carattere difensivo e non obbligava l’Italia alla guerra al loro fianco; d’altra parte, però, una cosa è non combattere a fianco di un alleato, cosa diversa è combattere contro di esso, sia pure dopo avere “denunciato” (ossia lasciato cadere) l’alleanza…
In generale si può ricordare che tutte le guerre combattute dall’Italia (comprese quelle risorgimentali, inizialmente combattute dal Regno di Sardegna) furono offensive (con la sola apparente eccezione della II guerra d’indipendenza che fu dichiarata dall’Austria al Piemonte, ma a seguito di una provocazione da parte del re Vittorio Emanuele II, dopo che Piemonte e Francia avevano già stretto gli accordi di Plombières in funzione antiaustriaca).
Se a questo dato si unisce quello relativo ai crimini contro l’umanità e ai crimini di guerra perpetrati dagli Italiani, nella prima metà del Novecento, rispettivamente in Africa (Libia, poi Etiopia ecc.) ed Europa orientale (Jugoslavia) occorre rivedere due luoghi comuni: quello che vuole gli Italiani inguaribilmente pacifisti e quello che recita “Italiani brava gente”.
Sull’evoluzione della prima guerra mondiale ecco una mappa geodinamica:
Si può anche fruttuosamente fruire di questa mappa dinamica commentata in inglese:
Per quanto riguarda l’episodio di Caporetto possiamo utilmente fruire di una puntata dedicata ad esso di Il tempo e la storia, la trasmissione di Rai Storia.
Possiamo poi leggere la pagina del “Messaggero Veneto” del 24 ottobre (del centenario!) che contiene due interventi dei relatori di un incontro su Caporetto del 25/11/17.
Se il tema interessa si possono leggere anche altri due articoli su Caporetto, il primo di Giovanni Sabbatucci (lo storico intervistato nella trasmissione di Rai Storia sopra evocata), apparso su “La Stampa” del 17 ottobre 2017, il secondo, apparso sul “Messaggero Veneto” del 18 ottobre 2017, consistente in un’intervista ad Alessandro Barbero (autore di un libro su Caporetto), che riporta anche informazioni sulle sofferenze che patirono i Friulani che restarono in regione sotto occupazione austro-tedesca.
Per quanto riguarda la fine della guerra e i trattati di pace cfr. questo documentario di Rai Cultura, relativo, tra l’altro, ai problemi legati al trattamento della Germania, in rapporto ai 14 punti di Wilson.
Più in generale sulla prima guerra mondiale si può consultare la serie Apocalypse, in particolare la prima puntata dedicata all’inizio del conflitto e l’ultima, che tratta di Caporetto, dell’uscita di scena della Russia e dei trattati di pace.