Consideriamo, innanzitutto, che, al di là di tradizionali “partizioni” del periodo della guerra fredda in fasi di maggiore conflittualità (come gli anni Cinquanta, contraddistinti, ad esempio, negli U.S.A. dal “maccartismo”, ossia dalla “caccia alle streghe” anticomunista di cui furono vittima insigni personaggi, come Charlie Chaplin tra moltissimi altri; e poi di nuovo i primi anno Ottanta, con la presidenza Reagan negli Stati Uniti e l’invasione sovietica dell’Afghanistan) e in fasi di “coesistenza pacifica” (come furono gli anni Sessanta, con Chruscev e Kennedy, caratterizzati, però, anche da fortissime tensioni, come quella legata all’episodio dei “missili a Cuba”), la tensione rimase sostanzialmente invariata (contraddistinta da una folle corsa agli armamenti nucleari e al cosiddetto “equilibrio del terrore”, che, se impedì lo scoppio della guerra “calda” in Europa, mise il mondo davanti al rischio costante dell’estinzione della specie umana dal pianeta) dal 1946-49 al 1989-91 (rispettivamente caduta del muro di Berlino, eretto nel 1961, e dissoluzione dell’Unione Sovietica), dunque per ca. 45 anni di “pace armata”.
Qui una breve scheda video sulla “guerra fredda”.
Per entrare “visivamente” nel “clima” della guerra fredda ascoltiamo il celebre discorso di Churchill sulla cortina di ferro (1946).
Approfondiamo poi attraverso un documentario origine e funzione del c.d. piano Marshall (European Recovery Program, 1947).
Per avere un’idea della tensione a cui si giunse fin dai primi anni di “guerra fredda” (sempre a rischio di diventare improvvisamente “calda”), che fu a tutti gli effetti un conflitto (in termini ad es. di limitazione di fatto e di diritto di certe libertà politiche e civili da ambo le parti in lotta, anche se soprattutto nell’area di influenza sovietica; di rafforzamento degli Stati e di limitazione, in pari tempo, della loro piena sovranità; di interferenza degli Stati nelle rispettive economie, a loro volte spinte alla massima integrazione all’interno del medesimo schieramento ecc.) e che divenne anche “localmente” guerra calda alla “periferia” degli “imperi”: in Corea, in Vietnam, nei Paesi arabi, in Afghanistan ecc., ricordiamo l’episodio emblematico del blocco di Berlino (1948) nel suo contesto storico-culturale.
Infine seguiamo una puntata di Rai Storia (“Il tempo e la storia”) sulla nascita dell’ONU (1945…), che, storicamente, rampolla dalla medesima radice (la “Carta atlantica” del 1941, stipulata tra Roosevelt e Churchill, che, a sua volta, rilanciava i principi dei “14 punti” di Wilson) da cui successivamente sono derivate la NATO (North Atlantic Treatise Organization, costituita formalmente nel 1949, ma sulla base di un’intesa politico-diplomatica tra le potenze occidentali risalente almeno all’avvio del piano Marshall) e la (prima) Comunità europea (la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, C.E.C.A, del 1951), ossia dalla necessità di fondare le relazioni internazionali su principi di pace, di integrazione economica e di rispetto delle libertà fondamentali, eventualmente anche difendendo tutto questo da chi (come il “blocco comunista”) sembrasse minacciarlo.
Ricordiamo anche che l’assemblea generale delle Nazioni Unite, il 10 dicembre del 1948, approvò la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (tecnicamente non vincolante per tutti gli Stati, avendo valore di risoluzione assembleare, non di determinazione del Consiglio di Sicurezza, ma comunque simbolicamente assai rilevante, strumento che ancor oggi consente a tutti, a cominciare da associazioni come Amnesty International, di contestare, ovunque si verifichino, le violazioni dei diritti umani, senza poter essere accusata di interferenza con gli affari interni e gli ordinamenti dei singoli Stati).