La crescente (anche se per certi tratti lenta, sotterranea, magmatica) diffusione della consulenza filosofica è probabilmente legata alla fase storica che, come si sa, vede la crisi delle “grandi narrazioni” (Lyotard), tra le quali possiamo annoverare lo stesso discorso scientifico, con le sue pretese esplicative e risolutive. Dentro queste narrazioni, frutto soprattutto delle opposte ideologie, ciascuno poteva leggere se stesso e il mondo che lo circondava.
Oggi, invece, il sapere appare sempre più frammentato, nonostante la retorica del “mettere in rete” e del “fare sistema”. E, con il sapere, il “senso della vita”.
In questo quadro resta imperturbata, come una sorta di parodia di se stessa, la ricerca vuota dell’efficienza e del profitto in ogni campo, destituita, però, delle finalità progressive ed emancipatrici che la modernità le annetteva.
Effetti soggettivi di questa cosiddetta “condizione postmoderna” si possono leggere nelle varie forme di malinconia, che etichettiamo come depressione, o anche nel desiderio vorace di riempire il proprio vuoto esistenziale, che si trasforma spesso nella ricerca ossessiva del consumo fine a se stesso.
Si può reagire in vari modi a questo “vuoto di valori”: aderendo a una delle molte “sette” New Age; oppure facendo proprie vecchie e nuove forme di integralismo, religioso e non, che spesso, col pretesto di ricondurre il caos a un ordine particolare, quello della propria “parte”, non fanno che aumentare il disorientamento e la conflittualità complessivi.
È probabilmente in questo contesto che sorge la domanda, individuale e collettiva, di filosofia, cioè di una ricerca razionale e disinteressata della “verità”, senza limiti e senza ipocrisie, o, semplicemente, di un “senso”. Da implicita e latente essa sembra farsi sempre più esplicita e diffusa, soprattutto nel “Primo Mondo”, come attesta il successo crescente, anche presso il pubblico più generico, delle iniziative di divulgazione filosofica (come il Festival della Filosofia di Modena, solo per citare la più famosa).
Da non trascurare, in ogni caso, un’ipotesi, che risale ad Aristotele ed è stata rilanciata da Gerd Achenbach, il fondatore della moderna philosophische Praxis: che l’uomo, come dice Achenbach, sia “costitutivamente filosofante” e che si tratti, dunque, sulle orme di Aristotele, di ammettere che, al di là di qualsiasi pretesa utilità della filosofia, filosofare sia per noi alcunché di necessario.
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