L’indagine storico-critica (“third quest”)

jesus

I tratti originari del cristianesimo, che si può tentare di distinguere sempre in modo ipotetico mediante l’approccio storico-critico, sono di carattere storico e si riferiscono all’effettiva predicazione di Gesù di Nazareth (questione del “Gesù storico”). Tali tratti vanno distinti, in base a determinati criteri, da ciò che viene attribuito a Gesù dalla Chiesa successiva (in quanto messia, “figlio dell’uomo”, figlio di Dio, Dio egli stesso).

In generale gli elementi “storici” del cristianesimo (l’esistenza di Gesù, il fatto che fosse discepolo di Giovanni Battista, che sia morto crocifisso ecc.) non hanno particolare rilevanza filosofica. Riconoscerli, tuttavia, ci permette di distinguere, nell’interpretazione di questi fatti, gli elementi che via via sono sopravvenuti di carattere “teologico”, legati alla diffusione del cristianesimo nel mondo greco-romano (ad opera soprattutto di San Paolo).  Essi riflettono le credenze delle prime comunità cristiane e sono sempre più contraddistinti da concetti di tipo filosofico (questione del “Cristo della fede”).

La ricerca sul Gesù storico risale alla seconda metà del XVIII sec. con gli studi Reimarus. Una prima fase di ricerca, iniziata da Reimarus, si conclude ai primi del Novecento con le ipotesi di Albert Schweizer e del teologo Rudolf Bultmann (che invita a demitologizzare i Vangeli, ossia a depurarli da racconti “leggendari” e inverosimili, come, p.e., l’episodio dei magi). Dopo una seconda ricerca (inaugurata da Ernst Käsemann, negli anni Cinquanta del secolo scorso, che introduce alcuni importanti criteri di valutazione dell’attendibilità storica dei Vangeli) si giunge negli ultimi decenni alla cosiddetta third quest, contraddistinta da un largo impiego di fonti anche eterodosse e dalla studio del contesto storico della vita di Gesù.

La ricerca storico-critica che cosa suggerisce dunque?

La maggioranza degli studiosi contemporanei, rinnovando intuizioni risalenti già a Reimarus e ai primi ricercatori del “Gesù storico”, concordano generalmente sul seguenti tratti.

Gesù, nato quasi certamente a Nazareth, figlio biologico di Giuseppe e di Maria, di mestiere carpentiere (o manovale, “tèkton“) come suo padre, avrebbe avuto fratelli e sorelle e sarebbe diventato un profeta “apocalittico”, come il suo maestro Giovanni il Battista: invitando alla conversione, Gesù avrebbe annunciato, cioè, l’imminente avvento del regno di Dio (un evento molto concreto), che egli stesso insieme ai suoi dodici discepoli avrebbe governato per conto di Dio e che sarebbe arrivato mentre alcuni dei suoi seguaci erano ancora vivi (mentre altri “giusti”, ormai morti, sarebbero appositamente “risorti” per potervi accedere), e di un redentore “figlio dell’uomo”, distinto da lui stesso. Gli stessi insegnamenti “etici” di Gesù, a partire dal comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, contrapposto al rigido rispetto della “legge” a cui erano inclini i farisei, “duri di cuore”, sarebbero da intendersi, insieme al necessario pentimento o conversione a Dio, come una forma di preparazione all’avvento del regno.  Entrato in conflitto, oltre che con i farisei, con i sacerdoti del tempio, Gesù fu crocifisso per la concorde volontà di questi sacerdoti e del governatore romano Ponzio Pilato.

Applicando il metodo storico-critico risultano poco plausibili, ad esempio, il concepimento virginale di Gesù, la sua nascita a Betlemme (racconto introdotto per giustificare il fatto che egli fosse il messia, che sarebbe dovuto nascere appunto a Betlemme, ma che non sembra credibile, nella misura in cui appare del tutto implausibile il censimento che avrebbe condotto Giuseppe da Nazareth a Betlemme), l’adorazione dei magi (racconto introdotto da Matteo per significare l’universalità della redenzione operata da Cristo), i diversi miracoli e la resurrezione finale di Gesù stesso (racconti che sarebbero stati inventati per accreditare, prima lo stretto rapporto di Gesù col Padre, quindi la sua stessa divinità).

Viceversa il Padre nostro, preghiera in cui Gesù si associa agli altri credenti nell’invocare il Padre comune, senza rivendicare per sé alcuna particolare adorazione, preghiera che ancor oggi molti Ebrei giudicano del tutto compatibile con la loro fede, potrebbe essere stata effettivamente insegnata da Gesù.

Così è verosimile che Gesù sia stato battezzato da Giovanni perché (criterio dell’imbarazzo) è altamente improbabile che questo episodio sia stato inventato dai cristiani successivi (che, semmai, avrebbero “inventato” che Giovanni era stato battezzato da Gesù!).

Analogamente è molto probabile che il messaggio originario di Gesù alludesse sì a una resurrezione dei morti, ma che questa avesse il significato che le assegnavano i farisei e quanti, tra gli Ebrei, si erano convinti che questa resurrezione fosse necessaria: affinché i giusti ingiustamente morti o, perfino, uccisi (e non solo i giusti che fossero stati ancora vivi) potessero ricevere da Dio una giusta ricompensa in occasione dell’avvento del suo Regno. Questa resurrezione sarebbe stata una resurrezione dei corpi (come Gesù è risorto col suo corpo  e come il Vangelo di Matteo dice che molti morti risorsero dopo la morte di Gesù, cfr. Mt, 27, 51-53 ), secondo la visione ebraica per la quale l’uomo è essenzialmente il suo corpo. Solo successivamente la Chiesa avrebbe elaborato, su base platonica, la dottrina dell’immortalità dell’anima (sancita definitivamente solo nel IV Concilio Lateranense del 1215!).

Soprattutto: in nessun modo Gesù – secondo le ricostruzioni storico-critiche – pensava di essere Dio e neppure Figlio di Dio in modo speciale. Solo successivamente, e per gradi, si sarebbe arrivati a pensare a Gesù come Figlio di Dio e come Dio egli stesso (come è ormai riconosciuto nel Vangelo di Giovanni, ma non così chiaramente negli altri Vangeli, detti sinottici).

N. B. Naturalmente nulla vieta ai credenti di mettere in discussione questa distinzione (puramente ipotetica, basata su alcuni criteri di tipo logico, ma indimostrabile in se stessa) tra il Gesù storico e il Cristo della fede e di assumere come autentiche e originarie tutte o quasi le dottrine che i Vangeli e i testi teologici successivi attribuiscono o riferiscono a Gesù. Il metodo storico critico è lo stesso che viene adottato nel ricostruire la storia di Alessandro Magno, di Giulio Cesare e di chiunque altro. Si considera storicamente attendibile ciò che è considerato più “probabile”. Si dubita delle ricostruzioni troppo favorevoli scritte dai seguaci di questi personaggi. Ma ciò non implica che queste siano automaticamente false.

Alcuni hanno anche pensato a una “rivelazione progressiva” (che continuerebbe anche oggi), per cui anche se Gesù non fosse stato consapevole di essere Dio (come risulterebbe dalla ricostruzione “pretesa” storica della sua azione) Egli avrebbe potuto esserlo ugualmente in modo implicito (nel senso che noi potremmo riconoscergli a posteriori, legittimamente, esplicitamente, questa “natura”).

Ecco una discussione sul rapporto tra il Gesù storico e il Cristo della fede.

di Giorgio Giacometti