All’esplorazione delle Americhe seguirono spesso attività commerciali, ma soprattutto, specialmente per quanto riguarda la Spagna, fasi di vera e propria conquista territoriale, non limitata solamente a piazzaforti costiere (come nella tradizione portoghese), ma spinta anche nell’entroterra.
È l’epoca dei celebri conquistadores, responsabili della distruzione delle antiche civiltà precolombiane e della nascita dell’impero coloniale spagnolo (facendo dell’impero di Carlo V il più grande Stato dell’epoca, sul quale “non tramontava mai il Sole”).
Da che cosa erano mossi costoro (condottieri che si erano spesso “fatti le ossa” in Europa, p.e. durante le guerre d’Italia)? Certamente da un’auri sacra fames (fame d’oro) come scriveva Bartolomé de Las Casas, in particolare dal mito dell’Eldorado (sorto probabilmente dalla notizia di un rito effettivamente praticato da una tribù precolombiana, consistente nel ricoprire periodicamente di una sottile patina d’oro un re, “l’uomo dorato”; quindi assurto a significare una leggendaria regione ricca di giacimenti auriferi). Paradossalmente, non trovando questo Eldorado, gli Spagnoli penetrarono sempre più a fondo nel continente, “accontentandosi” via via di estrarre argento e altri metalli meno preziosi, di mettere a coltura piante di cotone, tabacco ecc., successivamente di commerciare e diffondere prodotti inizialmente guardati con sospetto, ma che oggi arricchiscono le nostre tavole: pomodori, fagioli, patate, mais ecc.
Dal 1503 fu definito il sistema dell’encomienda in base al quale l’encomendero (talora lo stesso conquistador della prima ora, talaltra un avventuriero subentrato a conquista effettuata o un hidalgo, un membro della bassa aristocrazia castigliana) poteva sfruttare a suo piacimento un determinato territorio, limitandosi a versare un tributo alla Corona di Spagna.
N.B. Si è discusso se si può paragonare questo sistema a quello feudale. Va osservato, al riguardo, tuttavia, che il territorio assegnato per “ripagare” l’encomendero dei suoi servigi coincideva col territorio sotto il suo controllo (mentre nel sistema feudale il beneficio o feudo, attraverso il quale il sovrano ripagava i servigi del proprio vassallo, era, almeno inizialmente, solo una piccola parte del territorio che il feudatario avrebbe dovuto governare, p.e. una contea se il feudatario era investito della dignità comitale, o una marca ecc.); nell’encomienda non vi era distinzione tra diverse tipologie di “servi” o “contadini”, ma tutti gli indios erano sfruttati all’inverosimile come schiavi (salva la cura nel convertirli al cristianesimo); l’encomienda non divenne mai ereditaria (salvo che in rari casi) ecc.
Le proteste di chi si rifiutava di seguire autori come Luis Sepùlveda (che si richiamava ad Aristotele!), cioè di considerare gli indios “schiavi per natura” in quanto non completamente “umani”, favorirono la promulgazione ad opera di Ferdinando d’Aragona, nel 1512 delle Leyes di Burgos (soprattutto su sollecitazione del frate domenicano Antonio de Montesinos); quindi, stante la scarsa efficacia di tali norme, nel 1542 delle Nuevas Leyes ad opera dell’imperatore Carlo V (soprattutto su sollecitazione del vescovo Bartolomé de Las Casas). Questi provvedimenti, ampiamente disapplicati, miravano a limitare lo sfruttamento degli indios, garantendo che essi fossero equamente retribuiti, potessero godere del riposo settimanale ecc.
Ma le due imprese che determinarono in modo decisivo la configurazione dei vasti domini coloniali spagnoli nelle Americhe furono quella del conquistador Hernan Cortés che dal 1519 al 1521 riuscì a conquistare il Messico (la Nueva España) distruggendo l’impero azteco e quella del conquistador Francisco Pizarro che dal 1531 al 1534 riuscì a conquistare Perù, Bolivia e Cile (la Nueva Castilla) distruggendo l’impero inca.
Le due imprese presentano notevolissime similitudini (al punto che è perfino difficile ricordarsi i particolari che le distinguono): i due conquistadores sono avventurieri senza scrupoli, ma decisamente astuti; sono accompagnati da poche centinaia di uomini, tuttavia armati con armi da fuoco, forniti di un po’ di cavalli e accompagnati da un certo numero di imbarcazioni, con i quali riescono a sbaragliare decine o centinaia di migliaia di avversari male armati; per sconfiggere rispettivamente aztechi e incas i due condottieri non si peritano di rinfocolare l’ostilità delle popolazioni amerinde da non molto sottomesse dai due imperi (nel caso degli incas Pizarro sfrutta anche l’ambizione di Huescar di deporre il fratello Atahualpa); gli Spagnoli sfruttano l’aura di mistero e di meraviglia che li circonda, venendo anche scambiati per divinità e, perciò, essendo inizialmente accolti con favore o comunque con curiosità e interesse; i due “imperatori”, Montezuma (o meglio Moctezuma) e Atahualpa, diventano subito obiettivi decisivi, vengono minacciati, vengono resi ostaggi per ricattare le rispettive popolazioni, alla fine vengono uccisi; i massacri di indios ad opera degli Spagnoli, provocati da pretesti spesso risibili, non si contano; la conquista si compie in un tempo relativamente breve, ma non senza colpi di scena; le due capitali, Tenochtitlan e Cuzco, vengono conquistate (la prima diventa Città del Messico, la seconda viene distrutta e al suo posto Lima viene eretta capitale della Nuova Castiglia); i due conquistadores non godono fino in fondo dei frutti della loro vittoria, ma cadono presto in disgrazia o si trovano a dover contrastare le mire di altri compatrioti.
Ecco un documentario sulla conquista dell’impero azteco da parte di Hernàn Cortes (1519-21). Qui una puntata de Il tempo e la storia (senza documentari) a commento (critico) dell’impresa.
Su Pizarro e la caduta dell’impero azteco cfr. quest’altro documentario.