Con le definizioni dogmatiche di Nicea (325) e Costantinopoli (381) si determina l’ortodossia cristiana. Chiunque se ne discosti è giudicato eterodosso o eretico. Come sappiamo, poi, dopo la caduta dell’impero d’occidente (476) il vescovo di Roma acquista progressivamente sempre maggiore potere spirituale (auctoritas) sugli altri vescovi d’occidente, soprattutto in caso di controversia religiosa.
Progressivamente il Papa acquista anche potere politico (potestas) non solo sui membri della Chiesa stessa, ma, sempre più (soprattutto dopo il Dictatus Papae di Gregorio VII del 1075), su principi e sovrani secolari (realizzando così una forma di “teocrazia”, cioè potere [dei rappresentanti] di Dio [in terra]).
Tale evoluzione non è compresa e condivisa dai cristiani orientali, che restano sottoposti al potere dell’imperatore di Costantinopoli, con i quali nel 1054, dopo le dispute sul Filioque, si consuma lo scisma d’oriente.
Ecco un’intervista allo storico Alessandro Barbèro sullo scisma d’Oriente.
Apparentemente, dunque, tra il Dictatus papae del 1075 e lo schiaffo di Anagni del 1303 (con la caduta dell’ultimo papa “teocratico”, Bonifacio VIII, che l’anno prima aveva esposto la sua dottrina nella bolla Unam sanctam e nel 1300 aveva indetto il primo “giubileo universale”) la Chiesa “regna” incontrastata in Occidente (se si prescinde dalla disputa con l’imperatore d’occidente tradottasi nella c.d. “lotta per le investiture“), indice le crociate (con Urbano II nel 1095), conserva e trasmette senza trovare ostacoli la dottrina ortodossa fissata nel Credo.
Tuttavia la Chiesa viene contestata dal basso e, in un certo senso, dall’interno dai cristiani che denunciano la sua corruzione (fenomeni ricorrenti della simonia, del concubinato, della baratteria ecc., denunciati anche da Dante) e predicano un ritorno ai valori del Vangelo, in particolare alla povertà (movimenti pauperistici, come quello dei patarini, dei “poveri di Lione” o valdesi, degli umiliati, quasi sempre condannati come eretici e perseguitati, anche se in genere non mettevano in discussione l’ortodossia dottrinale).
Un caso a parte è costituito dai càtari, seguaci in un certo senso quasi di un’altra religione, a sfondo gnostico e manicheo (credevano, come gli antichi gnostici, nel dualismo tra un Dio del bene e uno spirito del male, identificato nel Dio dell’Antico Testamento, nelle conseguente necessità di purificazione o catarsi, donde il loro nome, intesa come separazione dell’anima dal corpo e dalla tentazioni della carne), diffusisi soprattutto nel sud della Francia (forse in stretta relazione col coevo movimento di trovatori provenzali, secondo alcune ipotesi storiografiche). Essi furono oggetto di una vera e propria crociata indetta da Innocenzo III nel 1209 che portò al loro sterminio e alla perdita di ogni autonomia della Francia meridionale rispetto a Parigi.
Contro le eresie si comincia a ritenere opportuno combattere, tuttavia, non solo con le armi, ma anche con la predicazione: ecco il riconoscimento degli ordini mendicanti, prima dei frati predicatori di Domenico di Guzman (o domenicani) nel 1217, poi dei francescani (1223), seguaci di quel San Francesco, che, come molti eretici, predicava la povertà e un ritorno ai valori del Vangelo, ma, a differenza degli eretici, non si contrappose mai alla Chiesa cattolica (e, per questo, poteva “servire” allo scopo della Chiesa di “riconvertire” il popolo alla fede cattolica). Spesso membri di questi stessi ordini mendicanti (soprattutto domenicani, ma anche francescani) siedono nei tribunali dell’inquisizione, costituiti dal 1231, per giudicare i casi di presunta eresia in forma “regolare” (rispetto alla forma della “crociata”) sulla base di prove, testimonianze ecc. e dando la possibilità agli eretici di pentirsi (in caso negativo essi possono essere mandati al rogo tramite il c.d. “braccio secolare”).
Ricordiamo le ragioni di tanto accanimento contro libri e persone eretiche, che oggi ci appare esagerato e “anti-cristiano”. Contrariamente a quello che a volte si crede, non si voleva convertire all’ortodossia con la violenza (la tortura, la minaccia di morte), ben sapendo che un’autentica conversione può essere solo spontanea (Gesù desiderava che si aderisse a Lui con il cuore e non, esteriormente, in ossequio alla sola “Legge”, come i farisei aderivano alla Legge ebraica), ma si voleva “soltanto” estirpare la fonte viva (nel caso delle persone) o inerte (nel caso delle opere) di errori che avrebbero potuto portare chi li avesse fatti propri alla perdizione (si pensi ai provvedimenti che ancor oggi si prendono contro chi diffonde false informazioni in campo sanitario, con l’aggravante che la salute dell’anima era considerata all’epoca ben più importante di quella del corpo).
Ecco qui una scheda Rizzoli sugli ordini mendicanti e qui una più ampia scheda sui movimenti religiosi eretici e ortodossi tra XII e XIII sec.
Un altro problema affligge la Chiesa in questa fase storica. Dalle scholae cattedrali evolvono le prime universitates studiorum, nelle quali, oltre alle arti del trivio e del quadrivio, e agli insegnamenti superiori di medicina, giurisprudenza (p.e. a Bologna) e teologia (p.e. a Parigi), si ricomincia a “leggere” (lectio, da cui “lezione”, indica la lettura che vi si praticava di testi di autori giudicati rilevanti) di filosofia “pagana” e, in particolare, Aristotele. Nasce la cosiddetta filosofia “scolastica” che si pone il problema della sempre più difficile conciliazione di filosofia e religione (Aristotele appare assai meno “cristianizzabile” di Platone, che nei secoli era stato quasi “assorbito” dal cristianesimo, sicché molte dottrine originariamente platoniche, come quella dell’immortalità dell’anima, erano credute originariamente cristiane).
Ecco un video sull’evoluzione dell’insegnamento dalla fine del mondo antico al basso Medioevo e qui un approfodimento di taglio filosofico sull’università.
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