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Plotino, un autore che non si smette di meditare
Nel saggio Meditare Plotino il concetto di filosofia come esercizio dell’anima (cui è dedicato specificamente quest’altro scritto) vi viene sperimentato come guida ermeneutica per comprendere le Enneadi di Plotino, il celebre filosofo neoplatonico del III sec. d.C.
Tratto da un seminario tenuto all’Università di Padova, nel “lontano” (ahimé) marzo 1994, Meditare Plotino propone provocatoriamente, non già di “studiare” il (presunto) “pensiero” di Plotino (perduto per sempre), bensì, a partire dalla sollecitazione maieutica proveniente dalle Enneadi di Plotino, di sperimentare ciò di cui Plotino ha (forse) scritto. Questo approccio non sembra aver perduto smalto (cliccare per credere).
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La mia prospettiva filosofica
Tutto è uno
Ascoltando non me, ma il Lògos, è saggio convenire che tutto è uno. [Eraclito di Efeso, frammento 50 DK]
Prendiamo la tesi “Tutto è uno” (titolo di un fortunato e discusso libro di Michael Talbot, giovane precocemente scomparso, forse troppo incline a credere al paranormale per essere, a sua volta, credibile, ma dotato di straordinarie capacità intuitive).
La tesi, in sé, è tutt’altro che originale. L’argomentano, variamente, Parmenide, Plotino, Shankara e altri ancora. La si ritrova in qualche misura in Niccolò Cusano, Giordano Bruno, Baruch Spinoza (nella versione di un panenteismo costantemente a rischio di venire equivocato come volgare panteismo). Ritorna nella teoria dell’ordine implicato di David Bohm (ispirata ai risultati della fisica dei quanti).
Assumiamo questa tesi (che tutto è uno) per ora come ipotesi o, meglio, come postulato. Essa, insieme ad altre ipotesi accessorie, potrebbe contribuire a “salvare” (“spiegare”) tutti i fenomeni noti.
- In che modo ciò avverrebbe?
… “della stessa sostanza del Padre”…
Sviluppiamo il tema della deificazione dell’uomo.
Nel “simbolo” niceno-costantinopolitano, sintesi di secoli di ispirate speculazioni teologiche, come è ben noto, il Figlio di Dio è detto
generato, non creato, della stessa sostanza del Padre
Ora, nel Vangelo di Giovanni (1,12-13), una delle principali fonti di questo articolo di fede, leggiamo che “a quanti l’hanno accolto” il Figlio di Dio (il Lògos)
ha dato potere di diventare [a loro volta] figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati
Dunque, generato da Dio non è solo l’Unigenito, ma anche tutti coloro che “si riconoscono”, per così dire, in Lui (“a quelli che credono nel suo nome”). In che senso questo potrebbe essere detto?
Idealismo e religione
I credenti spesso credono di credere in ciò in cui credono, come a “realtà”. “Realtà” è espressione (riferita alla resurrezione di Cristo o alla comunione dei santi ecc.) che spesso risuona sulla bocca di sacerdoti formati sui testi di San Tommaso d’Aquino, il cui “realismo” gnoseologico è troppo noto (ma, forse, frainteso).
Tuttavia, bisognerebbe chiedersi se il tentativo di radicare la propria fede in eventi che si pretendono simili a quelli di cui tratta la storia profana non sia, per le religioni, perdente, anzi suicida.
- Per quale ragione?