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Tutto è uno
Ascoltando non me, ma il Lògos, è saggio convenire che tutto è uno. [Eraclito di Efeso, frammento 50 DK]
Prendiamo la tesi “Tutto è uno” (titolo di un fortunato e discusso libro di Michael Talbot, giovane precocemente scomparso, forse troppo incline a credere al paranormale per essere, a sua volta, credibile, ma dotato di straordinarie capacità intuitive).
La tesi, in sé, è tutt’altro che originale. L’argomentano, variamente, Parmenide, Plotino, Shankara e altri ancora. La si ritrova in qualche misura in Niccolò Cusano, Giordano Bruno, Baruch Spinoza (nella versione di un panenteismo costantemente a rischio di venire equivocato come volgare panteismo). Ritorna nella teoria dell’ordine implicato di David Bohm (ispirata ai risultati della fisica dei quanti).
Assumiamo questa tesi (che tutto è uno) per ora come ipotesi o, meglio, come postulato. Essa, insieme ad altre ipotesi accessorie, potrebbe contribuire a “salvare” (“spiegare”) tutti i fenomeni noti.
- In che modo ciò avverrebbe?
… “della stessa sostanza del Padre”…
Sviluppiamo il tema della deificazione dell’uomo.
Nel “simbolo” niceno-costantinopolitano, sintesi di secoli di ispirate speculazioni teologiche, come è ben noto, il Figlio di Dio è detto
generato, non creato, della stessa sostanza del Padre
Ora, nel Vangelo di Giovanni (1,12-13), una delle principali fonti di questo articolo di fede, leggiamo che “a quanti l’hanno accolto” il Figlio di Dio (il Lògos)
ha dato potere di diventare [a loro volta] figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati
Dunque, generato da Dio non è solo l’Unigenito, ma anche tutti coloro che “si riconoscono”, per così dire, in Lui (“a quelli che credono nel suo nome”). In che senso questo potrebbe essere detto?