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Analisi dei dati

PUNTI DI FORZA DELL'ATTIVITÀ

 

PUNTI CRITICI DELL'ATTIVITÀ

 

STILI DI RAGIONAMENTO DEGLI ALLIEVI

 

 

 

PUNTI DI FORZA DELL'ATTIVITÀ

 

Motiva allo studio dei problemi

 

Clima delle classi e impressioni del docente

In generale le classi hanno mostrato interesse e partecipazione per il progetto, salvo forse che nelle ultime fasi, in cui ha cominciato a registrarsi una certa "saturazione" (condivisa, del resto, in parte anche dallo stesso docente!).

A volte, per motivare gli allievi, si è dovuto proporre il lavoro on line come sostituzione facoltativa di altri compiti più tradizionali.

Un indizio significativo della riuscita del progetto può, comunque, essere rappresentato dal fatto che diversi allievi hanno chiesto di continuare a servirsi degli ambienti di apprendimento on line anche a percorso progettuale concluso.

 

Analisi del questionario di valutazione

Le risposte date dagli allievi nel questionario finale di valutazione [file word] a risposta multipla confermano ampiamente la riuscita del progetto dal punto di vista della motivazione degli allievi.

Anche se questa modalità di lavoro, suggerita dai programmi sperimentali e dalla ricerca didattica sulla filosofia, non è strettamente legata all'uso degli ambienti di apprendimento on line, senz'altro il ricorso a tali ambienti, come più volte detto, la rende più facilmente praticabile e documentabile.

 

Analisi delle produzioni scritte

Sulla base delle rilevazioni (vedi tabella sopra), risulta che, delle classi di progetto, solo la classe IV C ha dimostrato mediamente impegno, partecipazione e interesse [si veda la 5a colonna] in grado più che discreto (valore tabellare: 1,60) [per l'interpretazione di questo valore, così come degli altri riportati, si veda la tabellina grigia. Si ricordi comunque che il valore 1 indica la stretta sufficienza] mentre l'altra classe (IV A) si colloca ad un livello medio poco più che sufficiente (valore tabellare: 1,27).

Ad un livello poco meno che discreto si pongono sia l'impegno medio delle due classi di progetto (valore tabellare: 1,44) sia quello della classe di confronto (IV B) (valore tabellare: 1,43).

 

Sulla base di questa rilevazione parrebbe di poter concludere che la partecipazione al progetto, in sé, non abbia prodotto una grado supplementare di motivazione.

Questa lettura è smentita, però, dai risultati del questionario di valutazione del progetto somministrato agli allievi, in cui, viceversa, la motivazione, rispetto alla partecipazione al progetto, risulta molto evidente, almeno nella percezione degli stessi allievi. Come risolvere l'apparente contraddizione?

Bisogna tenere conto del fatto che gli elementi, su cui si basa la valutazione dell'indicatore relativo all'impegno, sono diversi per le classi di progetto e per la classe di confronto, tali dunque da rendere difficilmente confrontabili tra loro i risultati dei due tipi di classi.

Per la "misurazione" dell'impegno degli allievi che hanno partecipato attivamente al progetto si è potuto contare, ad esempio, il numero degli interventi nel web forum e il numero di repliche nel blog personale.

Per gli allievi della IV B, classe di confronto, si è potuta considerare, invece, solo la puntualità nella consegna del dialogo e del saggio breve.

Pertanto un confronto significativo può essere fatto solo tra le due classi di progetto.

In quest'ambito l'impegno nettamente inferiore della IV A rispetto alla IV C è in linea con la caduta del profitto della classe e va attribuito probabilmente a fattori esogeni rispetto al progetto (variabili dipendenti da altro, come si sarebbe detto nel lessico della didattica sperimentale).

Questa differenza di impegno tra le due classi corrisponde, del resto, puntualmente, alla differenza nel grado di interesse per il progetto manifestato dalle due classi stesse e documentato dal citato questionario.

Per quanto riguarda le motivazioni dell'interesse per il progetto, queste sono ovviamente varie e, in parte, sono quelle che abbiamo visto sopra, in sede di analisi del questionario di valutazione.

Accanto ad esse può essere aggiunto questa lusinghiera considerazione fatta nel web forum da un'allieva (circa la valenza, come dire, democratica dell'uso del forum):

"Credo che questa idea del forum come discussione filosofica interattiva alternativa a quella che di solito si dovrebbe fare in classe sia stata proprio un'ottima invenzione del prof. Giacometti!!! Anche perché ciò permette di sentire i pareri di tutti e non come accade in classe, di sentire solo le solite voci!!!" (Giulia IV C).

 

Conclusioni

L'incremento della motivazione, risultato atteso e fondamentale, deve essere imputato all'attivazione delle competenze "ingenue" degli allievi e alla sollecitazione dei loro vissuti, prodotta dalla libera discussione dei problemi in campo, svolta secondo le indicazioni sia del metodo zetetico, sia della letteratura sull'uso educativo degli ambienti di apprendimento on line.

Il ricorso oculato a strumenti di tipo telematico e multimediale sembra effettivamente aver favorito l'"aggancio" tra le modalità di conoscenza relativamente spontanee degli allievi e quelle proprie della filosofia.

Questi strumenti, infatti,

 

 

Attiva specificamente competenze ermeneutiche

 

Analisi delle produzioni scritte

Il lavoro on line ha consentito di studiare in modo analitico le modalità con cui gli allievi citano autori e compagni, ossia l'attivazione delle loro competenze ermeneutiche, con particolare riguardo alla pertinenza del loro impiego .

Per apprezzare questo dato bisogna considerare che non si è mai richiesto esplicitamente agli allievi di fare riferimento agli autori studiati per discutere i problemi in campo.

Si notano, particolarmente nel web forum, diffusi riferimenti impliciti sia alle diverse soluzioni date dai vari autori al problema della libertà e del libero arbitrio, sia, più raramente, alle loro argomentazioni; riferimenti comprensibilmente del tutto assenti, invece, nel dialogo introduttivo (dove manca spesso ogni riferimento culturale, compresi quelli, pur possibili, alle dottrine filosofiche degli autori studiati nel precedente anno scolastico).

Quando i riferimenti si fanno espliciti - non troppo frequentemente, come vedremo - questi, il più delle volte riguardano le tesi degli autori studiati, in genere citate a conforto della propria:

"Per me la libertà consiste nel conoscere i motivi delle proprie azioni, come affermava Spinoza" (Ilaria IV C).

 

A volte gli allievi fanno riferimento sia alle tesi di autori favorevoli, sia a quelle di autori contrari alla propria:

"Non sono a favore di quello che esplicitò Lutero, secondo cui non si può ammettere nello stesso tempo la libertà divina e quella umana. [...] Il mio pensiero si affianca quindi a quello di Erasmo a prescindere dalle mie credenze religiose" (Giulia IV C).

 

In diversi casi il rinvio è, più o meno esplicitamente, non solo all'autore, ma anche alle sue argomentazioni:

"Come afferma Leibniz, si può avere fede e credere in Dio, pur restando liberi (teoria dei mondi possibili)" (Marco IV C).

Qui è vero che l'allievo assume come compossibili due "stati" (credere in Dio e restare liberi) senza argomentare analiticamente tale assunzione: ma il rinvio a una specifica teoria di Leibniz può essere inteso come una forma di argomentazione abbreviata, legittimata dal fatto che gli interlocutori potenziali (docente e compagni) dovrebbero essere al corrente del contenuto di tale teoria.

Analogo caso:

"Inoltre, per difendere ulteriormente il libero arbitrio, potrei ricorrere agli argomenti portati da Leibniz nel suo [sic] Teodicea (palazzo dei destini incrociati)" (Ilaria IV C).

 

Il rinvio alle argomentazioni degli autori non è sempre preciso:

"Ad esempio Pico della Mirandola sostiene che Dio ci ha creato per apprezzare la sua opera; per poter fare questo, dobbiamo necessariamente avere il libero arbitrio" (Marco IV C).

È vero che, secondo Pico, Dio ha creato l'uomo per poter apprezzare la Sua opera e l'ha, anche, dotato di libero arbitrio. Tuttavia il nesso logico tra questi due aspetti, nel testo di Pico, non è così evidente come Marco sembra ritenere.

Perché, ad esempio, non potrebbe apprezzare l'opera divina anche una creatura priva di libero arbitrio (cioè della capacità di scegliere che cosa fare)? Pico non se ne occupa.

Casi come questo, piuttosto frequenti, sembrano suggerire un'inavvertita inclinazione di alcuni allievi a cedere al principio di autorità: qui si assume implicitamente (troppo fiduciosamente) che il nesso logico tra le due aspetti della natura umana esista perché lo dice Pico.

 

In certi casi le argomentazioni degli autori sono riportate parzialmente o per esteso e fatte confluire nelle proprie:

"Anche dal testo di Voltaire si conclude questo: la persona B decide di spostarsi perché si sente minacciano dai colpi di cannone. E come continua lo stesso Voltaire: 'La vostra volontà non è libera; ma le vostre azioni, sì. Voi siete libero di agire, quando avete il potere di agire'. E il potere d'agire non è determinato da fattori esterni?!" (Andrea IV C).

 

"Inoltre, come sostiene Nagel (ed Epicuro nella 'Lettera a Meneceo'), [se non fossimo liberi] nessuno potrebbe godere di lode o biasimo per le sue azioni ecc." (Francesca IV C).

 

A volte le argomentazioni degli autori sono oggetto di critica, non sempre argomentata, spesso data per acquisita (sono oggetto, cioè, di mera negazione, piuttosto che di vera e propria confutazione):

"Personalmente non credo nell'esistenza di Dio, [...] visto che non si può dimostrare la sua esistenza univocamente (se non con metodi 'particolari ma deboli' come quelli di Cartesio) ecc." (Marko IV A)

 

In certi casi tesi e argomentazioni degli autori sono oggetto di un vero e proprio commento:

"Io ho trovato molto interessante il tentativo di Leibniz di conciliare l'esistenza di Dio con la libertà umana; se questa teoria fosse vera Dio si limiterebbe a scegliere il mondo migliore tra i vari mondi possibili e il male presente nel mondo reale sarebbe solamente frutto dell'uomo" (Francesco IV A).

 

In casi eccezionali, ma non meno emblematici (della possibile portata del progetto), il riferimento a un autore si salda alla problematizzazione dei propri assunti.

"Devo dire che quanto ho letto di T. Nagel mi ha presentato una prospettiva che non avevo considerato" (IV A).

 

Oltre agli autori studiati, gli allievi si riferiscono a volte, ma raramente, anche a letture personali (Paulo Coelho, Oriana Fallaci ecc.) o legate alla studio di altre discipline, come la storia o l'italiano (La Mettrie, Hobbes, Rousseau, gli illuministi ecc.).

Oltre agli autori, gli allievi si riferiscono abbastanza frequentemente, nel web forum, alle tesi dei propri compagni;

"Come Ilaria, Elisa e Francesco sostengo che l'uomo sia dotato di libero arbitrio in concordanza con l'esistenza di Dio ecc." (Matteo IV C).

"Sono con la tesi di Michele" (Luca IV A).

 

"Per me Elisa ti contraddici da sola ecc." (Luca IV A).

 

A volte si registrano interessanti tentativi di conciliazione:

"Per me la soluzione sta nell'intersecare le relazioni di Ornella e Matteo" (Luca IV A).

 

Si può dire che complessivamente gli allievi ricorrano alle citazioni degli autori e dei compagni in modo abbastanza opportuno e pertinente, anche se non molto frequente.

Gli allievi, senza cedere, per lo più, alla tentazione dell'ossequio al principio di autorità, evocano gli autori o, genericamente, a conforto della propria tesi o, sebbene più raramente, per fare proprie le loro argomentazioni (a volte espressamente richiamate, a volte sottintese).

Non consideriamo ossequio al principio di autorità, in senso negativo, un riferimento culturale del tipo "come dice Epicuro", che, legittimamente, può essere considerato un modo di "confortare" le propria tesi. Ossequio in senso negativo sarebbe un riferimento del tipo: "è così perché lo dice Epicuro". Questo tipo di riferimento non appare mai esplicitamente, ma a volte sembra fare capolino tra le righe di certe argomentazioni interrotte o di certe tesi semplicemente affermate e non argomentate.

In modo molto significativo e abbastanza sorprendente, come dimostra anche il confronto quantitativo con il comportamento dei compagni della classe di confronto [vedi sotto], il libero dibattito on line sembra sollecitare il richiamo "spontaneo" agli autori ancora di più di altre attività apparentemente più mirate e "scolastiche" (come la stesura del saggio breve).

 

Paragone con la classe di confronto

Sulla base delle rilevazioni, la competenza espressa dall'indicatore "farsi soccorrere da altri (autori, interlocutori)" risulta posseduta [cfr. colonna 8a], al termine del percorso, in grado poco più che sufficiente sia dalle classi di progetto (valore medio: 1,15) che da quella di confronto (valore medio: 1,19).

Tra le due classi di progetto, inoltre, si registra una forte differenza che, come sempre, premia la classe che ha dimostrato maggiore impegno e interesse: se la IV C dimostra la competenza in esame in grado mediamente discreto (1,48), la IV A non raggiunge neppure la stretta sufficienza (valore medio: 0,90).

Questi dati, complessivamente, parrebbero suggerire che il lavoro on line non potenzi significativamente (rispetto alla strategia tradizionale) la capacità di farsi soccorrere da altri nell'argomentare o discutere determinate tesi.

 

Tuttavia se consideriamo l'indice di rafforzamento [colonna 15a] di questo tipo di competenza troviamo una significativa sorpresa.

Mentre solo il 18% degli allievi della classe di confronto appare avere rafforzato questa competenza durante il percorso, questo risultato è stato raggiunto dal 61% medio degli allievi delle classi di progetto!

Anche la "solita" differenza nei risultati tra le due classi di progetto, la IV C (75%) e la IV A (47%), non sembra inficiare il suggerimento che viene da questo indicatore, ossia quello di riconoscere il "valore aggiunto" degli ambienti di apprendimento on line rispetto alla promozione della competenza consistente nel sapersi valere, con pertinenza, di fonti.

 

Bisogna considerare, a rigore e per correttezza, anche la particolare tipologia testuale delle produzioni conclusive degli allievi delle classi di progetto, sulle quali si è misurato lo scarto rispetto al dialogo scritto introduttivamente.

Questa osservazione, se da un lato "giustifica" la relativa scarsità di riferimenti culturali nelle produzioni conclusive degli allievi della classe di confronto, d'altra parte non sembra inficiare l'analisi precedente, ma semmai confermarla.

 

Conclusioni

Il lavoro on line, come "opera collettiva", - questa una prima conclusione che sembra di poter trarre - favorisce la "creatività" individuale, senza sacrificare i riferimenti culturali, ma anzi valorizzandoli proprio per le esigenze argomentative che scaturiscono dal serrato confronto con gli altri.

 

 

Attiva specificamente competenze argomentative

 

Analisi delle produzioni scritte

Il lavoro on line ha consentito di studiare in modo analitico le modalità con cui gli allievi argomentano le loro tesi sulla base di presupposti condivisibili, fornendo un ricco materiale di riflessione anche per l'impostazione di esercizi diretti al rafforzamento della competenza argomentativa.

 

Generalmente nel dialogo cartaceo ciascun allievo muove da presupposti di senso comune (effetti dell'educazione primaria) che non vengono messi in discussione (tipicamente: "la mia libertà ha per limite quella degli altri"), ma costituiscono la base dell'argomentazione della propria tesi.

"La libertà di una persona ha come presupposto il fatto di limitare la nostra libertà [sulla base di] quella degli altri" (Laura IV A).

"La libertà è il sapere dove finisce la nostra libertà e inizia quella degli altri" (Matteo S IV A).

Spesso questo tipico assunto viene adoperato come "argomentazione" senza essere ulteriormente discusso (per effetto della "pressione", per così dire, del senso comune), così da produrre una sovrapposizione non indagata tra le nozioni di libertà e di giustizia:

"Non puoi invadere la libertà degli altri, altrimenti limiti la loro libertà e ciò non sarebbe giusto" (Daniele IV A).

In qualche caso implicitamente e in un caso (il seguente) esplicitamente questo presupposto tipico viene argomentato sulla base di una considerazione "metafisica" che, tuttavia, non viene approfondita nella sua radicalità:

"Se noi violiamo la libertà degli altri violiamo in qualche modo la libertà stessa. Questa è la mia concezione di libertà" (Matteo S IV A).

 

In altri casi (rari) il presupposto di senso comune in base a cui la libertà di ciascuno ha un limite in quella degli altri diviene il fondamento logico di un ragionamento che sfiora la teoria politica (forse per influenza dello studio parallelo della storia):.

"Bisogna porre dei limiti alla libertà di una persona per far sì che non si limiti la libertà di un'altra [...] E chi deve porre questi limiti? Non le persone stesse perché sennò [arg per assurdo!] ognuno cercherebbe di prendersi più libertà di un altro. Questi limiti devono essere dati da un organo superiore che non ha legami con le persone stesse, che stia al di sopra delle parti." (Andrea T IV A).

 

Nel web forum e nei blog la discussione, più che muovere da presupposti di senso comune, tende a incentrarsi sulle diverse ipotesi formulate dagli autori, tenendo quindi conto del percorso culturale svolto e, tuttavia, generando una discussione con maggiori elementi di originalità, anche se il più delle volte essa è condotta da ciascuno allo scopo di rinforzare retoricamente il proprio punto di vista iniziale (senza, peraltro, affrancarsi mai del tutto da cadute nell'"ovvietà").

"La libertà [...] intesa nel senso assoluto e illimitato del poter fare tutto quello che voglio, smette di esistere nel momento in cui mi relaziono anche soltanto ad una persona, figuriamoci poi se faccio parte di una società. Allora è inutile anche solo parlarne, non solo tentare di metterla in pratica. La mia libertà termina dove comincia la libertà altrui; questo non mi limita perché dalle mie infinite possibilità ne toglie una e queste possibilità rimangono infinite" (Laura IV A).

"Ritengo che il mondo sia spiegabile da determinate leggi fisiche o matematiche, dimostrabili oggigiorno come interazioni elementari tra atomi. A mio parere quindi l'uomo non è veramente libero, perché in realtà le sue azioni sono spiegabili da determinate leggi naturali per quanto queste siano complesse" (Marko IV A).

"Non possiamo imporre qualcosa che un popolo non vuole, che non conosce e che quindi non ritiene importante. L'unica cosa che possiamo fare è far conoscere il concetto di democrazia: infatti come potrebbe un bambino imparare a scrivere se nessuno glielo insegna, oppure a scegliere tra bene o male, se nessuno gli dice cos'e bene e cos'è male?, così per la democrazia, come potrebbe un popolo capire cos' la democrazia, se nessuno gli insegna cosa questa sia..." (Fabio IV A)..

"Secondo me se qualcuno potesse programmare il nostro genoma avremmo comunque una parte di libertà. Infatti è vero che se fossimo programmati non saremmo più liberi, perché sarebbe tutto quanto stabilito, ma questo varrebbe solo inizialmente. Infatti, poi relazionandoci con le altre persone e con l'ambiente, il nostro 'programma' iniziale si modificherebbe a causa di queste relazioni e quindi agiremo in parte in base alla 'programmazione iniziale' e in parte in base all'esperienza del nostro relazionarci. Questa esperienza è dentro di noi e quindi è una causa che risiede nel mio intelletto a farmi decidere cosa fare e quindi sono io a decidere cosa fare in base alla situazione" (Andrea T IV A) .

 

In diversi casi, anche se a fini prevalentemente retorici, viene adottata l'argomentazione per assurdo, che (in mancanza di "controlli" sperimentali) può considerarsi tipica del procedere filosofico:

"Le azioni che facciamo e le decisioni che prendiamo sono dettate esclusivamente dalla nostra volontà e non sono influenzate in nessun modo dal volere divino. Come si spiegherebbero altrimenti gli atti ripugnanti di cui sovente siamo gli autori?" (Francesco IV A)

"Poi tu affermi: 'non esiste alcun Dio'. Se non esiste, come mai c'è una parola che lo definisce?" (Andrea IV C).

(dove si può avvertire chiaramente un'eco [quanto consapevole?] dell'"argomento ontologico").

 

Si osservi che in questo genere di argomentazioni ad hominem la competenza prevalentemente "retorica" dimostrata dagli allievi, consistente del difendere la propria tesi (confutando quella dell'"avversario"), si può facilmente confondere con la "competenza filosofica" che consiste nel mettere in discussione i presupposti di ogni affermazione (non più, quindi, per difendere la propria tesi, ma per amore della ricerca per la ricerca): la distinzione (prevalentemente "etica" più che "logica") tra questi due atteggiamenti può essere ricavata più dal contesto che dalla struttura dell'argomentazione in se stessa, attraverso un procedimento indiziario che non disdegni l'analisi degli elementi connotativi dei termini usati e della funzione linguistica prevalente del testo esaminato.

Significativamente anche conclusioni relativamente ben argomentate sono spesso precedute o integrate da formule eloquenti e protettive quali: "io penso", "secondo me", "ritengo" ecc., come se "firmare" una determinata tesi la rafforzasse o, comunque, rassicurasse e garantisse dal rischio di venire confutati, sulla base del diffuso presupposto (tipicamente moderno e postmoderno) del relativismo culturale e della libertà di pensiero (che, però, in questi casi, è riferimento poco pertinente, trattandosi di persuadere i propri interlocutori con argomenti che devono essere convincenti anche per loro).

 

A volte quest'autoreferenzialità produce veri e propri errori logici o paralogismi (che in termini tecnici possono essere indicati come l'effetto della confusione tra la logica di primo e quella di secondo ordine):

"A mio avviso tutti noi siamo dotati di libero arbitrio: la ragione di cui dio ci ha dotati ci permette di essere padroni delle nostre azioni e delle nostre scelte. Ognuno quindi [ma solo se è vera l'opinione iniziale!] è artefice del proprio destino" (Giulia IV C).

Dal fatto che l'allieva pensi che siamo dotati di libero arbitrio non si può ricavare che siamo artefici del nostro destino (ma solo che lei stessa non può che pensare che lo siamo).

 

Un errore di tipo analogo, relativamente diffuso, è dimostrato anche dai risultati del test finale dove l'"autorità" era rappresentata da Socrate. In corrispondenza del quarto item "secondo Socrate se si sa che cos'è bene fare non si può non farlo" molti allievi hanno ragionato ignorando la clausola limitativa "secondo Socrate" e traendo (erroneamente) le loro conclusioni assumendo sic et simpliciter come vera l'ipotesi introdotta dalla congiunzione "se".

È pur vero che in questo secondo caso di errore, poco diffuso nelle produzioni originali degli allievi, ciò che ha fatto la differenza è stato, probabilmente, l'effetto di un vero e proprio principio di autorità dovuto al contesto scolastico; mentre il tipo di errore esemplificato dal primo caso, più diffuso nel "libero" dibattito on line, dipende da un'indebita estensione "egocentrica" della propria opinione come se fosse già stata argomentata: in questo caso l'autorità accettata in modo acritico, molto più subdola di quella di "Socrate" o del "prof", è quella del proprio stesso "io".

 

In vari casi si assiste, soprattutto quando si toccano temi delicati o difficili, come quello dell'esistenza di Dio, ad argomentazioni contraddittorie, controproducenti o equivoche:

"Secondo me non esistono diversi dei ma un unico Dio. Le popolazioni del mondo hanno dato ognuna al proprio Dio un nome diverso; ecco perché sui vari libri sacri delle religioni si riscontrano molte analogie. Detto questo, io non credo nell'esistenza di Dio [!]" (Daniele IV A).

Qui, tipicamente, assistiamo o a un'argomentazione contraddittoria perché ha per effetto una tesi che viene immediatamente smentita ("Insomma", verrebbe da chiedere, "ma Dio esiste o non esiste, secondo te?") o, più probabilmente, un caso di equivocità non risolta: l'"esistenza" di Dio argomentata inizialmente è tale "per" le popolazioni interessate, ma non in senso assoluto, mentre la sua negazione è il punto di vista dell'allievo.

 

"Se riflettiamo più attentamente notiamo che molti dei misteri vengono spiegati con l'esistenza di Dio. Per esempio l'escoriazione sulla fronte della Monaca di Monza è stata spiegata (dal popolo [!]) come la potenza di Dio che ha voluto marchiare questa donna come sua serva più amata. A pochi è passato per la testa che questa potesse essere per esempio l'azione di un virus, o che la stessa se la fosse procurata volontariamente. L'esistenza di Dio aiuta l'uomo a spiegare ciò che non vede, che non può misurare, come per esempio i sentimenti" (Velia IV C).

Si può notare che questo tipo di argomentazione, se usata per suffragare l'ipotesi che Dio esista veramente (come risulta chiaramente da altri testi prodotti dall'allieva), appare piuttosto controproducente, dal momento che nello stesso contesto si propone come alternativa alla spiegazione "teologica" (attribuita al "popolo") quella "scientifica" (che riconosce nell'apparente mistero l'azione p.e. di un "virus"), suggerendo implicitamente un chiaro primato della seconda sulla prima.

 

Un tipico limite del ragionamento di alcuni allievi è quello che classicamente si denomina precipitazione e che consiste, in poche parole, nel "saltare alle conclusioni" dando per acquisiti passaggi tutt'altro che scontati:

"Secondo la fede cristiana l'uomo è stato creato da Dio, ma in realtà sono stati trovati resti dell'evoluzione dell'uomo da primati. Siccome i fatti reali non si possono smentire la soluzione è che Dio non esiste" (Luca IV A).

In questo caso la "soluzione" appare individuata un po' affrettatamente, perché semmai il Dio confutato sarebbe quello della "fede cristiana", e di una fede interpretata molto letteralisticamente, non Dio in generale (per esempio il Dio orologiaio dei filosofi moderni).

 

Tipicamente gli allievi tradiscono, dietro un'apparente "argomentazione", un bisogno, un desiderio, una motivazione soggettiva (attribuendola, a volte, anche ad altri):

"Io personalmente non credo nell'esistenza di Dio e come dice Michele, preferisco far prevalere la ragione. Però rispetto la religione e sono sicura che a molte persone serva molto poter credere in qualcosa. Io sono convinta dell'esistenza del libero arbitrio, trovo insopportabile [!] l'idea di dover attribuire i miei traguardi ad un'entità superiore, d'altro canto però sono del parere che molti uomini sentano il bisogno di giustificare ogni loro azione attribuendola alla volontà Divina. Non pensate quindi che, per qualcuno, sia molto importante poter credere nella predestinazione?" (Ornella IV A).

"Anche io sono dell'idea che esista un unico Dio universale anche se viene chiamato in modi di versi a seconda dei vari paesi (Allah, Buddha...) per l'uomo è e sarà sempre un punto di riferimento a cui aggrapparsi quando ci si chiede da dove veniamo e chi siamo o durante qualsiasi momento di difficoltà, qualcosa di superiore che ci aiuti, anche se solo spiritualmente, a superare le difficoltà che troviamo nel nostro 'cammino'" (Giulia IV C).

 

Non sempre queste motivazioni "soggettive" (che quindi non si può pretendere che valgano per tutti) sono adeguatamente distinte dalle argomentazioni oggettive.

A volte, però, la consapevolezza dell'esistenza di motivazioni soggettive per credere a qualcosa diventa un argomento (antropologico) contro questo stesso qualcosa ("anticipando" acutamente la "lezione" dei cosiddetti maestri del sospetto, Marx, Nietzsche, Freud ecc.):

"L'uomo dalla notte dei tempi ha avuto il bisogno di credere in qualcosa, basti vedere quante religioni si sono andate sviluppando, ed è proprio qui che pongo la mia domanda sulla sua esistenza, come mai tante religioni e tante diverse divinità con tanti credo differenti? [...] e se infine fossero tutte delle invenzioni che si sono sviluppate nel corso dei millenni?" (Alessia IV A).

Si noti qui come l'allieva, tipicamente, si valga di domande "retoriche" per sostenere la propria tesi (cioè che Dio è una mera invenzione umana), tradendo, in tal modo, l'intenzione più "psicagogica" o polemica che pienamente filosofica della sua "analisi".

 

In altri casi ancora vissuti anche molto intimi riescono a trasformarsi in vere e proprie argomentazioni di tesi che si distinguono per la loro originalità e profondità filosofica:

"Se qualcuno ti rispetta, per quella persona sei libero, in quanto ciò che hai fatto viene accettato senza restrizioni" (Giorgia IV A).

Questa prospettiva viene ulteriormente e significativamente approfondita introducendo il tema dell'amore:

"Se però un tuo atto fa cambiare idea a quella persona, allora non sei più libero, in quanto un tuo atto viene, anche solo ideologicamente [?], contrastato da qualcun' altro. Quindi si è liberi se qualcuno approva totalmente quello che si è fatto, in quanto esso non appone costrizioni a quello che si è o si è fatto. Per me la libertà è molto connessa con l' amore" (Giorgia IV A).

Anche se Giorgia non sviluppa tutte le implicazioni del suo ragionamento paradossale (perché sembra una ben strana libertà quella che consistere nel dipendere dall'approvazione altrui!), esso appare tutt'altro che banale o errato: anzi, sembra alludere a una nozione "positiva" di libertà, come libertà che comincia dove... comincia quella degli altri (piuttosto che dove finisce), altri di cui si ha bisogno per essere liberi (proprio perché sono essi stessi che, viceversa, ci possono ridurre in schiavitù).

L'originalità della tesi argomentata, qui, e le modalità dell'argomentazione possono anche venire lette come forme di problematizzazione implicita (dei modi in cui comunemente si intende la libertà) e configurare, quindi, una vera e propria attitudine filosofica.

 

Molti allievi, infine, sembrano mettersi spesso sulla difensiva, come se volessero garantirsi la possibilità di pensare quello che vogliono, anche arbitrariamente, senza essere costretti a pensare quello che vogliono altri.

È chiaro che, così facendo, essi non si collocano nelle condizioni migliori né per persuadere gli altri delle proprie idee, né tanto meno per metterle eventualmente in discussione.

 

Paragone con la classe di confronto

Sulla base delle rilevazioni, la competenza espressa dall'indicatore "argomentare le proprie tesi sulla base di presupposti condivisibili" (competenza argomentativa, cfr. 7a colonna) risulta posseduta, al termine del percorso, in grado poco meno che buono da entrambe le classi sperimentali (valore medio 1,88) con una leggerissima differenza tra la classe IV C e la classe IV A (1,85 contro 1,90). La classe di confronto (IV B) si attesta, invece, su un valore decisamente inferiore (quasi discreto: 1,44).

Questo dato, già molto significativo, che da solo sembra dimostrare l'efficacia del lavoro on line per il rafforzamento delle competenze argomentative, è ulteriormente suffragato da altri dati, a cominciare dall'indice di rafforzamento di tali competenze [cfr. 12a colonna].

Solo il 12% degli allievi della IV B dimostrano di avere significativamente rafforzato le loro competenze argomentative, sulla base del confronto tra il dialogo scritto prima dell'accesso al percorso e le produzioni successive, contro ben il 50% medio degli allievi della classi di progetto.

In questo caso, la pur marcata differenza tra l'incremento della IV C (la classe più motivata e impegnata), pari a 67%, e quello della IV A, pari al 33%, non sembra lasciare adito a dubbi, dal momento che nella stessa IV A una percentuale di allievi quasi tripla rispetto alla classe di confronto è risultata rafforzare le sue competenze in seguito al lavoro on line.

 

Analisi del questionario di valutazione

È significativo che se la totalità degli allievi ritiene che l'esperienza sia stata utile (cfr. risposte al quesito n. 8) e una buona percentuale (il 46%) ritiene che lo sia stato (genericamente) per "fare filosofia" (cfr. risposta n. 3 al quesito n. 5), quando si va a vedere a che cosa esattamente gli allievi ritengono che l'esperienza sia servita si scopre quanto segue:

Metà degli allievi, quindi, ritiene che il progetto sia stato "utile per imparare a esprimere meglio il proprio parere su vari argomenti", mentre solo un terzo pensa che esso sia stato "utile per acquisire maggiori competenze filosofiche (capacità di discutere, di riconoscere presupposti...)"; una percentuale certo alta, quest'ultima, ma comunque inferiore a quella di coloro che hanno inteso il lavoro on line soprattutto come un esercizio essenzialmente retorico piuttosto che filosofico.

 

Conclusioni

Il dato del questionario conferma il risultato emergente dall'analisi delle produzioni degli allievi: le competenze più propriamente retoriche sembrano avere tratto il massimo beneficio rispetto a quelle genuinamente filosofiche, anche se l'apporto a queste ultime va giudicato comunque positivo.

Il fatto che l'attività negli ambienti di apprendimento on line abbia significativamente rafforzato le competenze argomentative degli allievi deve essere visto in una duplice luce.

 

 

Permette di documentare analiticamente processo e prodotto

 

La comunicazione è documentazione...

Al di là del beneficio in termini di potenziamento delle competenze degli allievi, un "valore aggiunto", davvero irriducibile, del ricorso al web consiste, infatti, nella possibilità, per così dire, che l'estemporaneo si eternizzi: nel momento stesso in cui la rete permette di restituire la dimensione originariamente orale, libera, del filosofare, essa consente che la comunicazione stessa sia, nello stesso tempo, costruzione, cioè sia "la documentazione di se stessa".

Si è ritenuto, infatti, di proporre a titolo di documentazione della discussione filosofica svolta, non, ad esempio, una sua ricostruzione ipertestuale, come si era pensato in un primo tempo, ma ... la discussione stessa!, con le sue aporie, con i suoi "sentieri interrotti", finanche con le sue imperfezioni lessicali e grammaticali.

Un web forum, se ben condotto, è già un ipertesto: esso, infatti, contiene non solo la sequenza dei diversi interventi, organizzati secondo i diversi "fili" e reciprocamente linkati, ma può anche proporre link esterni.

La piattaforma Edulab, di cui ci siamo serviti, particolarmente duttile, si propone essa stessa, in un certo senso, come un ipertesto. L'abbiamo utilizzata, infatti, non solo per consentire lo svolgimento della discussione on line tra gli allievi (il forum appunto), ma anche per il normale lavoro di analisi testuale e come contenitore degli stessi materiali su cui tale analisi si è è esercitata. Il visitatore, pertanto, anche grazie ai link al sito Platon con cui da anni vine svolta attività di blended e-learning in ambito filosofico, può muoversi all'interno della piattaforma come entro un ipertesto.

Se è vero che la struttura reticolare della piattaforma non è stata, certo, progettata dai ragazzi, è anche vero che il suo cuore restano i loro prodotti comunicativi (i loro interventi nel web forum e nei blog, accanto alle loro risposte alla domande guida nell'analisi testuale).

 

... soprattutto se la documentazione è pubblicizzazione

Il progetto, dunque, è stato svolto in modo da documentare analiticamente tutte le sue fasi, grazie al ricorso mirato, durante il suo svolgimento, agli strumenti telematici, opportunamente "curvati" anche a questo fine. Ciò permette che esso sia adeguatamente pubblicizzato.

Il progetto è citato, infatti,

in modo tale che da ciascuno di questi siti si possa accedere

La corretta e analitica documentazione del progetto ne garantisce la trasferibilità.

L'aspetto della documentabilità, capitalizzabilità e, quindi, trasferibilità investe in modo essenziale, come è naturale, anche la valutazione del progetto.

 

 

Favorisce la valutazione personalizzata

Come è ovvio, il lavoro on line, si è rivelato particolarmente prezioso per fornire al docente (e a chiunque altro) informazioni analitiche sul "modo di ragionare" degli allievi; informazioni che, nel loro dettaglio, non sarebbe stato possibile ricavare altrettanto facilmente né dalle prove di tipo tradizionale, né dalla relazione quotidiana informale in classe.

Tale modus operandi, in altri termini, ha facilitato obiettivamente quella valutazione del processo piuttosto che del prodotto su cui insiste la più recente letteratura didattica e pedagogica, favorendo, pertanto, tutte le possibili variazioni di rotta in corso d'opera che tale valutazione in itinere consente.

La relativa accessibilità delle produzioni degli allievi, consentita dagli strumenti infotelematici, permette, infatti, di accompagnare ciascuno di loro lungo un percorso dialogico individualizzato e quindi anche di cominciare a costruire il portfolio delle competenze di ciascuno (nel quale gli elementi di documentazione e quelli di valutazione e di autovalutazione appaiono fortemente intrecciati).

 

 

 

 

PUNTI CRITICI DELL'ATTIVITÀ

 

Non attiva in modo specifico competenze semantiche

 

Analisi delle produzioni scrittte

Il lavoro on line ha consentito di studiare in modo analitico le modalità con cui gli allievi definiscono e distinguono i concetti, fornendo un ricco materiale di riflessione anche per l'impostazione di esercizi diretti al rafforzamento di questa competenza (che abbiamo chiamato "semantica").

Alcuni allievi (pochi) sembrano aver tratto frutto dal percorso progettuale dal punto di vista (che in una prospettiva cognitivistica si direbbe) metacognitivo:

"Alla fine di tutto questo gran discutere mi sono resa conto che prima di tutto è necessario definire e poi eventualmente argomentare" (Laura IV A)

 

Diversi allievi tendono a definire indirettamente una nozione, attraverso la messa in gioco di un desiderio soggettivo che le si riferisce. Anche in questi casi a volte l'allievo attiva "capacità metacognitive" (ossia riflette sul modo in cui ragiona), riconoscendo la soggettività della definizione che propone:

"Bruno: Allora che cosa intendi tu per libertà? / Rita: Voglio essere libera di gestire il mio destino [...] Per un uomo condannato all'ergastolo essere libero può anche essere solo uscire per un'ora nel cortile del carcere... Possiamo dire che la sua definizione [di libertà] è soggettiva" (Velia IV C).

 

Paragone con la classe di confronto

Sulla base delle rilevazioni, la competenza espressa dall'indicatore "definire e distinguere concetti" (competenza semantica) risulta posseduta [cfr. colonna 6a], al termine del percorso, in grado mediamente discreto da tutte le classi, senza scarti significativi, anche se gli allievi della classe di confronto (IV B) sembrano possederla in grado più alto (1,81 contro l'1,65 della IV C e l'1,42 della IV A).

Questo dato, che premierebbe paradossalmente la classe di confronto, è compensato, in un certo senso, dall'indice di rafforzamento della competenza stessa [cfr.colonna 11a].

Solo il 35% degli allievi della IV B dimostrano di avere significativamente rafforzato la competenza in esame, sulla base del confronto tra il dialogo scritto prima dell'accesso al percorso e le produzioni successive, contro il 40% della IV A e soprattutto l'83% della IV C.

Sebbene si possa rilevare un indice di rafforzamento complessivo della competenza pari al 62% degli allievi delle classi di progetto contro il 35% della classe di confronto, questi dati non sembrano, tuttavia, permettere un'interpretazione certa, a causa della notevole differenza tra i risultati delle due classi progetto.

 

Conclusioni

Il lavoro on line non sembra avere rafforzato la capacità di definire e distinguere la nozione di libertà e le altre ad essa collegate in modo significativamente più marcato di quanto non abbia potuto fare una modalità tradizionale di lavoro in classe:

i dati ricavati dalle produzioni degli allievi sembrano confermare quanto emerso dal test finale in relazione alle competenze più generalmente logiche [vedi sotto].

 

 

 

Non attiva in modo specifico competenze logiche

 

Analisi dei test iniziale e finale

Alla fine del percorso è stato proposto un test finale [cfr anche il file word] a risposta multipla sulle abilità di ragionamento identico a test proposto come test iniziale.

Una prima lettura dei risultati del test finale, messi in rapporto con quelli del test iniziale, appare francamente deludente.

Il progresso, in generale, in termini di competenze logiche (riferite, come argomentato,alla trattazione del tema specifico su cui ci si è esercitati durante il percorso) appare molto limitato: si registra, infatti, rispetto al test di ingresso solo il 4% in più di risposte corrette (meno di 1 su 15, in media, per allievo).

 

Ma il dato più paradossale è che il massimo progresso sembra raggiunto proprio nella classe di confronto! A fronte di un 7 % di risposte corrette in più nella IV B (classe di confronto) (più di 1 su 15, in media, per allievo), si registra solo il 5 % di risposte corrette in più nella IV C (meno di 1 su 15, in media per allievo) e, addirittura, un "saldo negativo", sia pure lievissimo, nella IV A.

Come interpretare questo risultato?

Per quanto riguarda la differenza piuttosto marcata tra i risultati delle due classi di progetto, questa può essere interpreta come un calo dell'impegno e dell'interesse specifico della classe IV A, attestato anche dai risultati delle due prove semistrutturate (quindi relativamente oggettive) di profitto, identiche in tutte le classi, conclusive dei due moduli realizzati, previsti della normale programmazione contestualmente al percorso progettuale (cfr. all C3).

In termini di "voto" o valutazione decimale la classe IV A passa da una media del 7,28 a quella del 6,42 (perdendo quasi un punto), mentre la classe IV C passa dal 7,14 al 7,03 (dunque cala anch'essa, ma in modo decisamente meno marcato).

Naturalmente, come si sa, la scala adottata nella valutazione decimale è, normalmente, una scala ordinale che non dovrebbe consentire di apprezzare gli scarti frazionari. Tuttavia, come detto, le prove somministrate al termine di ciascuno dei due moduli erano semistrutturate, ossia proponevano un serie di quesiti a scelta multipla chiusa e alcune domande a risposta aperta, ma limitata nel numero di righe e valutabile in base a griglie costruite sulla base di categorie definite (informazioni, analisi, sintesi, linguaggio). Il voto in decimali e in frazioni di decimale risulta dal punteggio attribuito a tali prove sulla base di un formula precisa: pertanto può ritenersi costruito sulla base di dati attendibili e venire interpretato come valore all'interno di una scala a intervalli.

Sembra, quindi, lecito supporre che, almeno in termini relativi, non assoluti, il confronto tra le due classi, ceteris paribus (docente, metodi e contenuti essendo i medesimi), sia legittimo e dia, per l'appunto, il risultato indicato: a fronte di un calo significativo del profitto della IV A (in termini soprattutto di conoscenze dei contenuti culturali, ma anche di capacità di analisi e di sintesi) si registra un calo decisamente minore dell'altra classe di progetto, la IV C, che è anche quella che registra, viceversa, un incremento del 5% delle risposte positive medie nel test finale del progetto (e fornisce anche i risultati migliori nella valutazione delle sue produzioni on line, sia in termini assoluti, sia in termini di scarto rispetto alle competenze iniziali, cfr. tabella).

 

Tornando al confronto tra classi di progetto e classe di confronto, se fosse lecito estrapolare da questi pochi dati una generalizzazione si dovrebbe ammettere una conclusione apparentemente paradossale:

l'incremento delle competenze logiche prodotto dal percorso sul tema prescelto (incremento peraltro, comunque, non molto significativo, in termini statistici) appare legato non tanto all'effettiva discussione svolta su questo tema on line quanto al semplice studio guidato dei testi degli autori che ne trattano.

Questa conclusione, al di là del problema della sua generalizzabilità, può essere interpretata come segue.

Una libera discussione filosofica sul problema della libertà, quale quella svolta nel web forum e nei blog individuali, riattiva negli allievi tutto un insieme di pregiudizi, precomprensioni, teorie implicite che, in prima battuta, invece di chiarire il concetto su cui intervengono, "rimescolando le acque", rischiano, di per sé, perfino, di rendere più confuso quanto, in prima battuta, era pur apparso abbastanza chiaro: e questo anche quando si tratta di svolgere semplici esercizi logici che, tuttavia, concernono proprio quel tema.

 

Questa ipotesi di lettura appare confermata da un'analisi più dettagliata dei risultati del test finale, messi in rapporto con quelli del test iniziale.

Se proviamo a mettere assieme i singoli items in cui il risultato del test finale è pressoché uguale o addirittura inferiore rispetto a quello del test iniziale ci accorgiamo che si tratta di items riferibili proprio ai temi più complessi, su cui maggiormente si è incentrata la discussione e su cui più numerose sono state le voci degli autori letti: temi come il determinismo, la predestinazione, la responsabilità, il libero arbitrio ecc. (cfr. items n. 9, 13, 15).

Lo scarto positivo maggiore, nel test finale rispetto a quello iniziale, è stato registrato, invece, su items relativamente semplici, la soluzione dei quali si poteva "trovare" in una certa misura già nei testi degli autori studiati, nelle schede di commento fornite agli allievi, nell'esposizione del docente, nel diario di bordo o sul manuale (cfr. items n. 6, 7).

Bisogna comunque riconoscere che questa spiegazione non sembra reggere per tutti gli items e non illumina del tutto gli scarti anche significativi registrati tra le classi (di progetto e di controllo) su ciascun singolo item.

Se, in generale, l'attività filosofica ha per effetto non tanto di risolvere problemi, quanto di sollevarne di nuovi, quest'azione, in sé benefica quando si tratta di mettere in discussione pregiudizi e presupposti delle proprie opinioni su cui non si era riflettuto abbastanza, potrebbe generare l'indesiderato effetto collaterale (effetto perverso) - questa una possibile lettura dei dati forniti dal test finale - di mettere in dubbio anche conclusioni in sé logicamente coerenti che non meriterebbero, per così dire, di essere revocate in dubbio dal punto di vista formale.

 

Conclusioni

Una conclusione, necessariamente provvisoria e da sottoporre a ulteriori indagini, potrebbe quindi essere la seguente:

le competenze strettamente logiche potrebbero essere favorite, più che da una libera e a volte confusa discussione tra studenti (cioè tra inesperti) su un determinato tema, dallo studio guidato di esempi di ragionamento coerente su quel determinato tema, quali quelli forniti da testi di autori.

Ciò significherebbe un'importante rivalutazione di una forma più "umile" e tradizionale di approccio alla filosofia, consistente nel non rendere eccessivamente protagonisti gli allievi, almeno in una prima fase, ma nel guidarli attraverso un studio il più ricco possibile di testi, autori, profili, schede, sintesi, quadri.

Questa conclusione non dovrebbe, tuttavia, portare ad abbandonare del tutto l'attività di discussione tra allievi, on e off line, ma solo suggerire di intenderne l'obiettivo come diverso da quello di rafforzare, in modo diretto, capacità strettamente logiche.

Come è risultato dal questionario proposto agli allievi e dall'analisi delle loro effettive produzioni, la discussione on line, più che favorire lo sviluppo di competenze strettamente logiche e di pervenire a soluzioni univoche del problema esaminato (che, in filosofia, non sarebbero neppure desiderabili), sembra avere avuto, oltre che un effetto di sensibile rafforzamento delle competenze argomentative degli allievi in senso linguistico-retorico, anche una forte ricaduta in termini di motivazione allo studio degli autori; proprio quello studio che, almeno nella nostra ipotesi, sembra maggiormente responsabile del rafforzamento delle competenze strettamente logiche.

Lo studio, quindi, di volta in volta, potrebbe seguire (invece che precedere o accompagnare) la discussione libera di un tema, a titolo di approfondimento.

In ultima analisi - si potrebbe suggerire - almeno indirettamente, ossia per la motivazione allo studio che suscita, anche l'attività on line potrebbe rivelarsi utile al rafforzamento delle competenze logiche. Questo rafforzamento, tuttavia, si produce, limitatamente ai problemi più semplici sui quali gli autori forniscono i testi più leggibili, solo se a tale attività segue uno studio effettivo.

 

 

Non attiva in modo specifico competenze autocritiche

 

Analisi delle produzioni scritte

Il lavoro on line ha consentito di studiare in modo analitico le modalità con cui gli allievi mettono in discussione le proprie e altrui tesi, fornendo materiale utile per riflettere su come rafforzare questa "competenza" più specificamente filosofica.

Se accanto alle competenze argomentative "positive" risultano rafforzate, dalla discussione on line, anche quelle "critiche", intendendosi per queste ultime la capacità di mettere in discussione determinate tesi mediante la confutazione dei relativi presupposti, molti più rari appaiono i casi in cui si può documentare la maturazione della disponibilità degli allievi a mettere in questione anche i propri medesimi assunti (ossia le competenze, diremmo, "autocritiche").

Un esempio tipico del senso del ricorso all'analisi critica è il seguente:

"Conoscere diventa un limite della nostra libertà? Se sapendo che il dolce può provocare qualcosa che non voglio, mi costringo a non mangiarlo, non mi limito da questo punto di vista? Non sapendo che il dolce mi ingrassa forse farò la scelta sbagliata e lo mangerò, tuttavia questa scelta si rivelerà libera (dalla ragione) e soggetta solo all'istinto... essere svincolati dalle nostre conoscenze, dalle esperienze passate e agire senza dover valutare tutte le conseguenze della nostra azione è una forma di libertà assoluta? Oppure libertà è conoscere presupposti e conseguenze e comunque agire senza tenerne conto? Secondo me conoscere è alla base dell'agire, quindi è una condizione necessaria per l'uomo in quanto esso è per natura razionale e ricerca il sapere. La ragione deve guidare l'uomo ecc." (Laura IV A).

In questo testo si registra senz'altro un tentativo molto ben costruito di problematizzazione. Tuttavia, a ben vedere, qui le domande sono prevalentemente retoriche. Si tratta di "argomentazioni occulte" dirette a rinforzare o a precisare la tesi che l'allieva vuole sostenere (intenzione che si tradisce e si esplicita a partire dal periodo introdotto da "secondo me").

 

In qualche caso aro le domande che gli allievi (si) pongono sembrano più autenticamente filosofiche, nella misura in cui esse appaiono corrispondere a dubbi reali rispetto ai quali non si cerca frettolosamente una risposta:

"Quando compio un'azione so che è quella che Dio ha cercato e voluto per me! Quindi, sono libera? Potrei non commetterla? Se si, non è in questo modo che limito la potenza di Dio?" (Elisa IV C).

"Della teoria di Leibniz mi sembra piuttosto strano che Dio scelga di far avvenire un'azione negativa anche se è comunque la migliore possibile: ciò significherebbe limitare la capacità dell'uomo a compiere delle azioni positive in determinati casi. È davvero possibile che tra tutti i mondi possibili nemmeno in uno si verifichi una situazione migliore, ad esempio, dello scoppio di una guerra? È davvero inevitabile nel mondo reale?" (Francesca IV C).

 

La messa in questione delle tesi (altrui) sembra assolvere, comunque, in generale, più la funzione polemica di difendere la propria opinione che quella di ricercare con l'altro un terreno comune di analisi del problema investigato.

Anche quando si può registrare un approccio fondato su una forma di interrogazione aperta ("mi sono chiesto", "mi è sorto il dubbio" ecc.), in genere l'allievo tende a "chiudere" il discorso appagandosi di un'ipotesi "semplificatrice", spinto da una sorta di horror vacui suscitato dalla possibilità che il problema possa restare aperto:

"Thomas Nagel, sostiene che la scelta del dolce al posto della pesca, sia soggetto di leggi naturali e quindi del determinismo. Riflettendo su questo problema mi sono chiesto se questa spiegazione fosse veramente esaustiva, oppure si poteva ritrovare qualcos'altro sotto a questa decisione. Ebbene presupponendo di essere nella stessa situazione: un ragazzo è davanti al banco della mensa e non riesce a decidersi, finché non decide di prendere il dolce... Non sarebbe più facile spiegare questa decisione (in forma platonica) ammettendo che in quel momento all' interno dell'individuo, una parte razionale gli imponga di prendere la pesca, per tenere la linea e non ingrassare (pensando cioè al suo bene), mentre una parte animale istintiva gli imponga di prendere il dolce al cioccolato per soddisfare un esigenza momentanea? Chiaramente i sensi di colpa (avrei potuto prendere la pesca al posto della torta?) potrebbero essere spiegati come 'il ritorno' della prevalenza dell'anima razionale su quella animale. Non mi sembra necessario quindi per un problema così semplice scomodare il determinismo...e tutti i problemi che questo implica" (Marko IV A).

In questo testo, tipicamente, Marko dimostra una buona capacità di analisi e di argomentazione (spesso esercitata attraverso la forma delle domande retoriche, come si può notare), a cui non sembra corrispondere, tuttavia, un'effettiva disponibilità ad ascoltare in profondità le ragioni dell'altro (possibile che un filosofo del calibro Nagel sia stato tanto sciocco da "scomodare [inutilmente] il determinismo", per usare le parole Marko?), né, a maggior ragione, a mettere in questione le proprie.

 

Le ragioni di questa vera e propria "resistenza" a mettersi in questione, probabilmente amplificate dalla discussione, invece che superate, possono ricavarsi da "doglianze" come la seguente:

"Prof, tutte queste domande potrebbero causare incertezze in chiunque. Già tutti noi abbiamo paura di non conoscere abbastanza noi stessi e gli altri...lei ci vuole terrorizzare" (Ornella IV A).

Tipicamente l'attività filosofica inquieta perché, se condotta in maniera radicale, porta a mettere in discussione certi presupposti a cui si aderisce perché, forse, ne va dell'"io" di chi parla più che della tesi che di volta in volta si difende.

 

In qualche caso, infine, si registra anche una disponibilità a mettere in discussione i propri assunti, sulla base del percorso svolto (più raramente della discussione):

"Ripensando alla favola dei dispersi nel deserto,ho cambiato idea riguardo a chi fosse il più libero: non lo è la pazza, come io credevo, perché apparentemente sembra essere la più libera, ma in realtà agisce senza ragione, è inconsapevole del loro agire e io mi considero libera quando posso giustificare le mie azioni, dire cioè perché faccio o meno qualcosa. La pazza questo non può farlo e rischia anche di nuocere a se stessa" (Alessia IV A).

 

Casi come questi, tuttavia, appaiono favoriti da un contesto dialogico più "privato", nel quale è più facile promuovere una presa di coscienza di ciascun singolo allievo circa i motivi non sempre consapevoli che lo inducono a sostenere una determinata tesi piuttosto che un'altra (e, quindi, a identificarvisi).

 

A un'allieva che chiedeva argomenti più forti di quelli di Leibniz (che a lei sembravano controproducenti) per difendere il libero arbitrio, si è fatto notare un curioso paradosso. Perché volere difendere questa tesi "con le unghie e con i denti" se ci si rende conto della sua debolezza? Per quali motivi non confessati si vuole difendere con argomenti quali che siano una tesi che ci sta a cuore? Invece che cercare argomenti capziosi, non conviene provare a esplicitare le segrete motivazioni del proprio punto di vista?

La replica dell'allieva si è sviluppata in due momenti, una di "resistenza" all'osservazione, l'altra di "riconoscimento" della sua fondatezza:

"Non volevo difendere 'con le unghie e con i denti' la mia opinione, semplicemente penso che prima di abbandonare una propria idea e accettare quella di 'altri' sia necessario chiarirsi tutti i dubbi e essere certi di essere nel torto. Ritengo che avere una mentalità elastica sia necessario, pertanto sarò pronta a cambiare il mio punto di vista se riterrò convincenti le tesi degli altri";

"Spesso ci auto-convinciamo che certe tesi sono vere pur conoscendone la falsità di fondo. Il cercare di argomentare tali tesi può essere un modo per celare una realtà che ci risulta 'scomoda' o che non vogliamo vedere perché dolorosa (ad esempio 'mi convinco di essere amato da tutti perché sapere di essere odiato è doloroso'). In pratica talvolta è una sorta di autodifesa. Lei che ne pensa?" (Ilaria IV C).

Si può francamente riconoscere che la resistenza dell'allieva, manifestata inizialmente, è stata dovuta probabilmente a un errore del docente: questi non ha chiarito in maniera adeguata che la sua proposta di indagare sulle ragioni "vere" per le quali all'allieva stava a cuore una determinata tesi non implicava una "critica" o una "valutazione negativa" dell'atteggiamento "difensivo" dell'allieva, ma solo un invito a una riflessione ulteriore. Il chiarimento di questo aspetto ha favorito la disposizione dell'allieva, nella fase successiva, a riconoscere la possibilità, almeno in generale, di forme di "autoinganno".

Come si può notare qui la discussione dei presupposti da cui Ilaria muoveva ha prodotto una ricerca sulle ragioni implicite della sua tesi, ben diverse dalle argomentazioni esplicite, toccando la delicata questione del "non detto" .

Si potrebbe accusare questa ricerca di invadere l'intima sfera dell'"inconscio" del discente, travalicando i limiti di una corretta didattica della filosofia. Pur riconoscendo la delicatezza della questione, ci sembra legittimo rivendicare la "competenza" della filosofia in questo ambito: il cosiddetto "inconscio", infatti, può essere visto semplicemente come un "modello psicologico" di ciò che in termini rigorosamente filosofici può essere indicato come il "non detto" di un discorso (orale o scritto che sia), ovvero l'insieme dei presupposti impliciti che è necessario sviscerare per restituire al "detto" un senso coerente.

L'allieva stessa, sollecitata da opportune domande del docente, è pervenuta a interessati considerazioni autocritiche che si configurano come una vera e propria scoperta "filosofica".

 

A questo genere di rari sviluppi pare che si possa pervenire, tuttavia, solo se l'allievo non si sente "aggredito" dal docente (o dai compagni), ma gli viene data la possibilità di una riflessione su di sé (in termini di psicologia cognitiva si direbbe: un'attività metacognitiva) che non comporti uno stress da valutazione o una messa in questione "frontale" del suo "io".

A questo scopo pare che lo scambio "privato" sia più indicato di quello "pubblico". L'insegnamento della filosofia interseca, a quest'altezza, una vera e propria attività di "consulenza filosofica".

 

Paragone con la classe di confronto

Sulla base delle rilevazioni, la competenza espressa dall'indicatore "interrogare e problematizzare assunti propri e altrui" [cfr. colonna 9a] risulta posseduta, al termine del percorso, in un grado che resta intorno alla sufficienza (1) sia dalle classi di progetto (valore medio: 1,14) - con trascurabili differenze tra le due classi di progetto (1,15 la IV A e 1,13 la IV C) - che da quella di confronto (valore medio: 1,10).

Anche la considerazione dell'indice di rafforzamento [cfr. colonna 14a] non pare fornire differenze molto significative, anche se non del tutto trascurabili: se il 18% degli allievi della classe di confronto appare avere rafforzato la competenza in esame durante il percorso, questo risultato è stato raggiunto dal 29% medio degli allievi delle classi di progetto (dal 33% della IV A e dal 25% della IV C).

Questi risultati, parzialmente deludenti, sono, del resto, in linea con quanto emerso nel questionario di valutazione del progetto.

Metà degli allievi ritiene, come si è visto, che il progetto sia stato "utile per imparare a esprimere meglio il proprio parere su vari argomenti", mentre solo il 38% pensa che esso sia stato "utile per acquisire maggiori competenze filosofiche (capacità di discutere, di riconoscere presupposti..)"; una percentuale certo alta, quest'ultima, ma comunque inferiore a quella di coloro che hanno inteso il lavoro on line soprattutto come un esercizio essenzialmente retorico piuttosto che filosofico.

 

Conclusioni

Come leggere questi risultati?

Sulla base dell'analisi qualitativa svolta delle produzioni dei singoli, si può verosimilmente formulare l'ipotesi che

il mancato o debole rafforzamento delle "competenze filosofiche" (critiche e autocritiche) degli allievi sia stato il naturale effetto prodotto da una discussione tra pari, quale quella sviluppata nel web forum (nonostante gli interventi "mascherati" del docente, volti a suscitare forme più incisive di problematizzazione) e, in un certo senso, proseguita nei blog (personali, ma comunque pubblici):

il fatto di misurarsi con le opinioni degli altri potrebbe avere generato più un effetto (difensivo) di stimolo per il rafforzamento delle argomentazioni mediante le quali si è sostenuta la tesi con cui si identificava che non un effetto di pubblica messa in questione delle proprie credenze e, indirettamente, anche della propria immagine di sé.

 

 

Può generare "saturazione"

 

Come detto, se in generale le classi hanno mostrato interesse e partecipazione per il progetto, nelle ultime fasi, in cui ha cominciato a registrarsi una certa "saturazione" (condivisa, del resto, in parte anche dallo stesso docente!).

L'impressione di una certa sopravvenuta "saturazione" a fine percorso è confermata dalla richiesta di variare maggiormente i temi in discussione, espressa nella sezione "libera " del questionario finale di valutazione.

 

 

Può dare luogo a una "deriva ludica"

 

Si è dovuto registrare, in qualche caso, il rischio di una "deriva ludica" e di un uso improprio degli ambienti di apprendimento, anche se, in nessun caso tale deriva ha inficiato l'impegno e la serietà del lavoro della maggioranza degli allievi.

Questo rischio, avvertito anche informalmente, di una deriva ludica sembra confermato dal fatto che la richiesta spontanea più diffusa degli allievi, nel questionario finale di valutazione del progetto [vedi supra], è quella di introdurre un gioco on line!

 

 

Stili di ragionamento degli allievi

 

Riprendiamo ora alcuni esempi emblematici del "modo di ragionare" degli allievi.

Ne emergono stili interessanti, meritevoli, a nostro avviso, di ulteriori approfondimenti:

 

"Per me la libertà consiste nel conoscere i motivi delle proprie azioni ecc."(Ilaria IV C).

"La libertà è il sapere dove finisce la nostra libertà e inizia quella degli altri" (Matteo S IV A).

"A mio avviso tutti noi siamo dotati di libero arbitrio: la ragione di cui dio ci ha dotati ci permette di essere padroni delle nostre azioni e delle nostre scelte. Ognuno quindi [ma solo se è vera l'opinione iniziale!] è artefice del proprio destino" (Giulia IV C).

"Poi tu affermi: 'non esiste alcun Dio'. Se non esiste, come mai c'è una parola che lo definisce?" (Andrea IV C).

"Secondo me non esistono diversi dei ma un unico Dio. Le popolazioni del mondo hanno dato ognuna al proprio Dio un nome diverso; ecco perché sui vari libri sacri delle religioni si riscontrano molte analogie. Detto questo, io non credo nell'esistenza di Dio [!]" (Daniele IV A)..

"Secondo la fede cristiana l'uomo è stato creato da Dio, ma in realtà sono stati trovati resti dell'evoluzione dell'uomo da primati. Siccome i fatti reali non si possono smentire la soluzione è che Dio non esiste" (Luca IV A).

"Io personalmente non credo nell'esistenza di Dio e come dice Michele, preferisco far prevalere la ragione ecc." (Ornella IV A)..

"L'uomo dalla notte dei tempi ha avuto il bisogno di credere in qualcosa, basti vedere quante religioni si sono andate sviluppando, ed è proprio qui che pongo la mia domanda sulla sua esistenza, come mai tante religioni e tante diverse divinità con tanti credo differenti? [...] e se infine fossero tutte delle invenzioni che si sono sviluppate nel corso dei millenni?" (Alessia IV A).

"Come afferma Leibniz, si può avere fede e credere in Dio, pur restando liberi (teoria dei mondi possibili)" (Marco IV C)..

"Inoltre, per difendere ulteriormente il libero arbitrio, potrei ricorrere agli argomenti portati da Leibniz nel suo [sic] Teodicea (palazzo dei destini incrociati)" (Ilaria IV C)..

"Non sono a favore di quello che esplicitò Lutero ecc." (Giulia IV C).

"Io ho trovato molto interessante il tentativo di Leibniz di conciliare l'esistenza di Dio con la libertà umana; se questa teoria fosse vera Dio si limiterebbe a scegliere il mondo migliore tra i vari mondi possibili e il male presente nel mondo reale sarebbe solamente frutto dell'uomo" (Francesco IV A).

"Alla fine di tutto questo gran discutere mi sono resa conto che prima di tutto è necessario definire e poi eventualmente argomentare" (Laura IV A).

"Conoscere diventa un limite della nostra libertà? Se sapendo che il dolce può provocare qualcosa che non voglio, mi costringo a non mangiarlo, non mi limito da questo punto di vista? ecc." (Laura IV A).